Amarcord istituzionale

Il modo convulso e i contrasti che hanno accompagnato la elezione dei Presidenti di Camera e Senato e dei relativi Uffici di Presidenza mi hanno fatto riandare con la memoria alla elezione di Nilde Iotti, avvenuta il 12 luglio del 1983, mentre nelle stesse ore stesso a Palazzo Madama si eleggeva alla seconda carica dello Stato il sen. Francesco Cossiga. Situazioni e contesti politici molto diversi, neppure lontanamente paragonabili, ma ricordare il passato e gli avvenimenti di allora per ricavarne gli insegnamenti necessari, può essere di una qualche utilità.

Nilde Iotti, una della figure più autorevoli del Pci, era già stata eletta nello scranno più alto di Montecitorio nel 1979, all’indomani delle elezioni politiche e dopo che Pietro Ingrao, altra figura di spicco del Pci, aveva espressamente richiesto di non essere rieletto Presidente della Camera. Nilde Iotti si era conquistata la stima di tutti i gruppi per il modo in cui aveva gestito l’assemblea di Montecitorio nella precedente legislatura: con grande autorevolezza, indiscussa competenza e riconosciuta imparzialità.

Dal 1976 in poi, e cioè dopo le politiche del 1976, che avevano modificato i rapporti forza politico-elettorali nel Paese e in Parlamento, era diventata una consuetudine che il Presidente della Camera fosse un comunista, in quanto esponente del principale partito di opposizione.

Ma entrambe i candidati alla Presidenze delle Camere erano frutto di un ragionamento condiviso e di “un compromesso” raggiunto alla luce del sole; parola che oggi viene quasi considerata una bestemmia e che invece é parte della politica. Dietro alla scelta di riconoscere al maggiore partito di opposizione la terza carica dello Stato vi era però anche una “cultura istituzionale” che si fondava sul riconoscimento della centralità del ruolo del Parlamento. Questa consuetudine è durata fino alle elezioni politiche del 1994 quando si votò con una nuova legge elettorale, cioè il Mattarellum. Infatti dalla 12ma legislatura in poi i Presidenti delle due Camere sono stati appannaggio delle maggioranze, sia di centrodestra che di centrosinistra. Io ho sempre pensato che proprio una legge di impianto maggioritario avrebbe dovuto rappresentare una ragione in più per riconoscere la Presidenza di uno dei due rami del Parlamento ad un esponente delle opposizioni, ma questo é ciò che é successo.

Con l’inizio di questa legislatura il quadro è cambiato: sia perché si é tornati con il Rosatellum ad una legge elettorale proporzionale, sia perché il voto non ha avuto un vincitore se per vincitore si intende la possibilità di disporre una maggioranza per formare un governo. Per questo é stato un errore “tirarsi fuori” dalla discussione sulle Presidenze ritenendo che queste fossero una prerogativa esclusiva dei vincitori.

Altra cosa è naturalmente la partita del governo che però non avrebbe dovuto essere confusa con quelle della elezione dei vertici di Camera e Senato.

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