Costituzione a proprio uso e consumo

Tutti pronti a difendere la Costituzione solo quando questa difesa coincide con i propri interessi di partito. Altrettanto pronti a gettarla nel cestino non appena questa non serve più alla propria causa.

È ciò che è avvenuto in questi giorni. Lega e 5 Stelle sono stati tra coloro che al referendum hanno invitato a votare No al referendum per difendere la Carta. Ricordiamogli cosa dice all’art. 92: che il Capo dello Stato nomina il Primo Ministro e, su proposta di questo i Ministri. La Costituzione stabilisce cioè che sia il Capo dello Stato a nominare il premier e i Ministri attraverso un confronto/cooperazione tra partiti di maggioranza, Presidente incaricato e Capo dello Stato. Per intenderci: la nomina del Primo Ministro e dei Ministri sono una prerogativa costituzionale del Capo dello Stato.

È scritto in quella Costituzione che Lega e 5 Stelle avevano, a parole, difeso strenuamente. Ma di questo principio costituzionale hanno fatto carta straccia non appena non ha coinciso con i propri interessi. Cosi come é inaudita la richiesta di impeachment del Capo dello Stato per violazione della Costituzione che Mattarella ha invece osservato scrupolosamente contro chi voleva che fosse lui a non rispettarla, trasformandosi in esecutore delle decisioni prese da Di Maio e Lega e rinunciando alle proprie prerogative.

Ma davvero c'è qualcuno che può pensare che Salvini abbia fatto saltare il tavolo per la questione Savona? Siamo seri. La Lega ha rinunciato alla attuazione di un programma che veniva definito di “straordinario e radicale” cambiamento del Paese solo perché Mattarella si impuntato a volere il leghista Giorgetti al posto di Savona?

È del tutto evidente che la ragione è un'altra e cioè che Salvini ha scelto di andare al voto perché ritiene di poterne avere un grande vantaggio sul piano politico ed elettorale perché lui per primo si é reso conto della impossibilità di attuarlo. Meglio quindi votare subito trascinando nella polemica il Capo dello Stato accusandolo di essersi opposto al cambiamento del Paese e di essersi messo al servizio dei nemici del popolo italiano piuttosto che dover rendere conto del fatto che il 90% delle promesse contenute nel Contratto non  erano realizzabili. È la politica del tanto peggio tanto meglio.

Il conto lo pagheranno gli italiani perché c'è un dato da quale non è possibile prescindere e cioè che una uscita dall’euro avrebbe conseguenze drammatiche per l’economia italiana, le imprese e il risparmio degli italiani e la situazione di instabilità e il rischio di una deriva sovranista spingeranno molti risparmiatori a non fidarsi del nostro Paese. E qui l’Europa non c’entra un fico secco perché a subire un crollo e la credibilità del Paese e della sua capacità di onorare i propri impegni.

Questo vuol dire che l’Europa va bene cosi com’è? Certo che no, ma la si cambia combattendo dal di dentro e, come avviene in qualsiasi istituzione, avanzando proposte capaci di modificare a proprio favore i rapporti di forza. Non ripiegando su posizioni sovraniste che spingerebbero un Paese verso un isolamento che si tradurrebbe in un declino irreversibile.

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