Ci vorrebbe una nuova marcia

I manager che non controllano almeno mensilmente i dati delle vendite e dei costi mettono l’azienda in difficoltà. I loro errori o limiti vengono pagati dalle casse dello Stato e dal lavoro. In politica è lo stesso se l’opposizione fa il suo mestiere e se i giornali lo rilevano.

Da dieci anni segnalo il calo del Piemonte non solo rispetto alle regioni più forti coma la Lombardia, il Veneto e l’Emilia ma persino rispetto alla media nazionale, tenuta bassa dalle regioni del Sud. I dati più evidenti sono la forte disoccupazione torinese, in particolare quella giovanile e il calo del Pil procapite che vede il Piemonte sceso all’undicesimo posto tra le regioni italiane.

La prima volta che denunciai queste cose la Bresso e Chiamparino mi risposero male e come premio la prima venne eletta al Parlamento europeo e il secondo dopo un passaggio alla Compagnia di San Paolo è stato eletto dei piemontesi, non informati delle sue incerte performance economiche, a presidente della Regione.

In questi anni l’ho sollevato questo tema, il più importante per il Piemonte, indicando anche le proposte per il rilancio della nostra economia (Tav, Terzo Valico, investimenti nell’innovazione della manifattura, Salone dell’Auto a Torino, Olimpiadi invernali 2026)  in tutte le sedi ma non ho avuto molto ascolto neanche dal sindacato. Per quanto mi riguarda ho cercato di dare una mano alla nostra economia quando sono stato al Governo aiutando le aziende di trasporto e l’Iveco con gli incentivi ai camionisti per sostituire i vecchi mezzi inquinanti con Euro 5. Nel 2013 ho proposto per primo di portare a Torino l’Autorità dei trasporti e così sono arrivati a Torino quasi 200 posti di lavoro oltre all’indietro che la Autorità crea con le riunioni con gli esperti o con le aziende interessate.

Aver capito prima che il calo di Torino rispetto a Milano e Bologna, rispetto alle quali abbiamo perso 10 punti, avrebbe portato a prendere contromisure serie come  la accelerazione della Tav, del Terzo Valico, aver difeso la sede fiscale della Fiat e le aziende che si sono trasferite a Milano come la Telecom, l’Oreal etc. e ci avrebbe portato a dire Sì alle Olimpiadi 2026.

Negli ultimi anni la conoscenza dei problemi e la competenza o capacità di proporre soluzioni, compito primario di chi governa, ha portato ad avere una politica che arriva tardi a scoprire i problemi. Eppure bastava analizzare la crescita annua del Pil regionale confrontata con le altre regioni italiane ed europee per capire. Così come bastava chiedere, come faceva Donat-Cattin, all’Iren i dati sui consumi dell’energia o sulla morosità di famiglie e aziende.

Certo occorreva avere il coraggio di ammettere che aver puntato solo sul turismo e sulla cultura per sostituire il peso della manifattura che si era ridotto negli anni ’90 invece di capire che la manifattura era il punto di forza da difendere a tutti i costi perché la quantità di innovazione di cui ha bisogno diventava il motore economico per il futuro. Invece Fassino ha continuato a dire che il processo di trasformazione di Torino era un caso di successo internazionale, salvo ricredersi dopo il voto del 2016.

Il punto che a causa della divisione del centrodestra a Torino hanno vinto i cultori della decrescita che hanno di fatto bloccato la città con il No alla Tav e con il No alle Olimpiadi del 2026, due errori che l’economia regionale pagherà pesantemente. Nel frattempo Torino si è impoverita, in difficoltà non solo i senza lavoro, i cassintegrati o i pensionati con la minima ma anche una parte del ceto medio. L’altro giorno in un buon ristorante della zona di Porta Nuova ero l’unico cliente. Per non parlare delle tante partite Iva.

Recentemente in un incontro un ex manager importante mi ha chiesto se non ero troppo pessimista. Anche lui come Chiamparino ora forse ha capito. Spero che non sia tardi. Forse occorre sperare in una nuova marcia dei 40.000 per far capire a chi ci governa a Roma e a Torino che è ora di cambiare radicalmente le politiche.

Come in un’azienda si cambia il manager che ha portato un bilancio magro così si cambiano i Governi nazionali e locali che ci hanno portato al declino non avendo saputo ascoltare le voci discordanti come quelle dell’Arcivescovo e anche più umilmente di chi scrive.

*Mino Giachino, già sottosegretario ai Trasporti

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