Pensare positivo, nonostante tutto

Siamo depressi, incazzati, rancorosi, aggressivi. Tutto questo mostriamo a chi osserva dall'esterno la nostra bella Italia. E ciò accade perché il problema principale del nostro Paese è l’ascensore sociale bloccato. Se nasci povero muori povero. La percezione dei cittadini è che l’aiuto politico, la conoscenza, provenire da una famiglia ricca, aiuti molto di più nella vita che rimboccarsi le maniche per trovare lavoro piuttosto che studiare. La sfiducia nel presente si tramuta in paura per il futuro: l’ossessione che le cose andranno sempre peggio, che la crisi non si possa sconfiggere. La situazione dei figli, precari o disoccupati, deprime i genitori che avvertono sulla loro pelle tutto il disagio di un sistema del lavoro in rapido cambiamento. Dove i sindacati non ricoprono più, come una volta, il ruolo di garante, e le condizioni per contrattare sono tutte a sfavore del lavoratore.

La crisi che viviamo si muove su due livelli: da un lato c’è la crisi economica che abbassa lo spesometro e gli investimenti; dall’altro c’è una crisi immateriale e immaginativa che non solo non ci permette di dare un senso estetico al presente, ma non ci autorizza neanche a immaginare il futuro.

Per smontare i meccanismi materiali della crisi che stiamo vivendo, bisogna partire sviscerando la sfera immateriale, capire cosa c’è di buono da valorizzare in questa Italia, e riproporre uno schema immaginativo positivo che possa trainare il Paese

L’immaginario collettivo, insomma, va ricostruito dalle basi. È un lavoro arduo, di difficile riuscita. Ma è necessario per risollevare le sorti di un Paese depresso. Prendiamo ancora spunto dal passato: non è la prima volta che ci troviamo in una situazione simile. Certo non vogliamo accostare la crisi del 2008 alla seconda guerra mondiale, sono due realtà estremamente diverse. L’unica cosa che hanno in comune questi due periodi storici è la mancanza di fiducia nel futuro.

Immaginiamoci un Paese distrutto dai bombardamenti alla conclusione del secondo conflitto mondiale, con le elezioni alle porte, e dove sono ancora aperte le ferite di una guerra civile che ha spaccato il Paese in due, tre, quattro parti. Aspri conflitti sociali, manifestazioni di piazza, infrastrutture al collasso. Eppure, anche in una situazione così drastica, il Paese è riuscito a rialzarsi. È stata redatta la carta costituzionale e l’Italia è tornata a ricompattarsi. Ricostruzioni, crescita economica insperata: con l’aiuto dell’America il Belpaese è tornato a essere una grande nazione, anzi, una nazione migliore di prima. Più democratica, più civile, più istruita e più ricca.

La storia ci insegna che il nostro Paese è sopravvissuto riadattando di epoca in epoca la propria estetica immaginativa. È dunque giunto il momento per un immaginario collettivo positivo, che non irrigidisca paure, arroccamenti, chiusure. Che sia invece ottimistico, virtuoso, positivo.

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