Non vorremmo prendercela con le stelle

Sono convinto che anche qualche madamina abbia letto “I promessi sposi”, quella sorta di telenovela scritta da un milanese qualche secolo fa; ebbene, allora si ricorderebbe di un personaggio, un certo don Ferrante, che per aver ostinatamente negato il contagio della peste di Milano ne morì “come un eroe del Metastasio, prendendosela con le stelle”.

Dico questo poiché, comportandosi come Don Ferrante, tanti assertori della Grande Opera Strategica negano l’esistenza di un documento da loro stessi stilato che in definitiva è una sentenza di condanna a morte (o a malattia) per circa un 10/15percento di alcune categorie sociali (vecchi e bambini). È vero, se ne parla poco, ma è una legge del marketing: bisogna esaltare i vantaggi e nascondere gli svantaggi.

D’altra parte è comunque consolatorio e commovente verificare come i promotori della Grande Opera si prodighino in un grande slancio di umanità e di altruismo per salvaguardare l’habitat della Zerynthia Polyxena, una far falla di grande valore strategico. Pare che prediliga i cantieri e vada matta per i gas lacrimogeni. “È una specie protetta”, sostengono, “noi badiamo alla salute dell'habitat”. Considerato dunque che, in quanto non lepidotteri, noi valsusini non costituiamo una specie protetta neppure dall’Unesco, siamo giustamente soggetti a selezioni più o meno naturali e, siccome il progresso esige le sue vittime, più che all’etica è indispensabile guardare al pragmatismo.

Le vittime sacrificali sono necessarie, se non indispensabili, dicono tutti quelli che non stanno in Val di Susa. Nessuno, però, sa chi sia il giudice che deve decidere chi deve rappresentare l’offerta sacrificale nei confronti dell’opera strategica, in fondo è una grande responsabilità: non possiamo mica salvare tutti gli habitat che ci capitano tra i piedi, insomma; allora noi ci sentiamo in diritto di avanzare qualche perplessità sui criteri di scelta, se non altro per non dover morire come Don Ferrante, prendendocela con le stelle.

print_icon