Così affonda la nostra umanità

L’equazione “meno sbarchi, meno morti” perde senso davanti alle vittime accertate di questo weekend, 117 tra il 18 e il 19 gennaio al largo di Tripoli e 53 tra Spagna e Marocco nella notte precedente e dopo il disperato grido d’allarme dei moribondi al largo di Misurata, soccorsi dai libici stessi dopo l’aut aut del premier italiano. Anche se le percentuali confermassero il valore dissuasivo dei mancati salvataggi (e al momento non è così), l'idea di lasciar affogare in mare persone, a centinaia, per tutelare i confini non può essere giudicata da nessuno una soluzione politica, almeno in epoca moderna. Qui non si tratta di danni marginali. È una strage. Aggravata da orribili dettagli. Il mare gelido, l’ipotermia, la denutrizione dei naufraghi reduci da mesi di prigionia e violenze.

Perché noi italiani dovremmo, soli, farci carico di tutto ciò? Il governo non si accorge che rivendicando come suo “merito” tutto questo, addossa sulle spalle dell’Italia un fardello di disumanità che non meritiamo e che ci si ritorcerà contro? Anche per questo i nostri alleati europei hanno smesso di preoccuparsi della piega presa dagli eventi. Noi ci prendiamo la responsabilità dei morti (come due anni fa dovevamo farci carico dei vivi), loro potranno in ogni caso mostrare le mani pulite ai loro cittadini.

Sarebbe il momento di rovesciare la narrazione, di dire chiaro alla Francia, alla Germania, alla Spagna e agli altri Paesi fondatori dell’Unione che quegli annegati e quel Sos – «Aiutateci, stiamo congelando» – riguardano anche loro, che l’Italia rifiuta il ruolo di aguzzino, che pretende di riaprire il dibattito sui canali di immigrazione legali in Europa, che la tragedia del Mediterraneo è anche “roba loro” ed è anche loro la responsabilità di fermarla.

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