San Paolo, scelta inadeguata e pericolosa

La designazione di Chiamparino alla Compagnia segna l'occupazione della società da parte dei partiti, frutto della degenerazione della politica. Tutti zitti con i poteri forti?

Per una corretta valutazione di cosa significhi la nomina di Sergio Chiamparino alla guida della Fondazione San Paolo, bisogna ricordare quale doveva essere lo scopo delle fondazioni nell'ambito della grande ristrutturazione del sistema bancario realizzata ai primi anni del 1990. Allora si pensò alle fondazioni come soggetti che dovevano riportare sui territori i patrimoni e le risorse sociali che nei secoli avevano concorso alla creazione delle banche. In pratica le fondazioni erano un riconoscimento dovuto alla società civile, che avrebbe beneficiato di importanti patrimoni in grado di svolgere un benefico supporto a tante attività di rilevanza culturale e sociale, sempre più trascurate da una politica clientelare e inefficiente. Sappiamo che il legislatore aveva anche l'obiettivo di prevedere la progressiva uscita delle fondazioni dal sistema bancario, in una prospettiva di virtuosa privatizzazione del mercato del credito, secondo le linee moderatamente liberiste dell’Unione Europea. Sappiamo anche che non è andata così e che la permanenza delle fondazioni nel controllo degli istituti bancari ha perpetuato una ambigua commistione tra politica e finanza, con i partiti sempre interessati a moltiplicare i centri di potere clientelare.

 

La nomina di Chiamparino alla guida della Compagnia San Paolo realizza quindi in pieno tale pernicioso l  disegno, tra l’altro nel momento in cui il potere dei partiti è in crisi e dovrebbe fare qualche significativo passo indietro, in modo da liberare spazi e favorire il ruolo di persone che arrivano dall’impresa, dall’università o dalla cultura. Proprio l’opposto della investitura di Chiamparino, che sta significare la volontà dei partiti di voler mettere le loro voraci mani su una ricchezza che spetta alla cultura, al volontariato, ai servizi per i cittadini non sostenuti dal carico fiscale. Basti vedere quelli che sono gli obiettivi cui si è impegnato in occasione della recente audizione avanti il Consiglio comunale, in particolare l'affermazione della opportunità per la Fondazione di investire nelle utilities (cioè nelle partecipazioni nelle aziende pubbliche che il Comune intende dismettere per fare cassa), che rappresenta l'impegno del futuro presidente della Compagnia San Paolo ad operazioni di dubbio interesse per la Compagnia stessa, ma di sicura copertura dei debiti del comune, impegno che probabilmente è alla base della scelta di Fassino di indicare il suo compagno di partito in questo ruolo importante per la regione e la città.

 

L’ incompatibilità è ancora più evidente se si pensa che Chiamparino, responsabile politico dell’incredibile debito di 4,5 miliardi di euro che fanno di Torino una delle città più indebitate d'Italia e che non testimonia certo la caratura del buona amministratore, è stato anche uno degli artifici (insieme al sig. Salza, sistemato alla Fideuram) della svendita dell'Istituto Bancario San Paolo, degli interessi dei piemontesi ai milanesi di Intesa. Non si vuole qui fare è facile campanilismo, ma sottolineare che il San Paolo era una banca sana che avrebbe potuto svolgere in maniera indipendente ovvero con alleanze paritarie un importante ruolo nel mercato del credito, mentre l'operazione con Banca intesa ha impoverito Torino e mortificato il management del San Paolo, come conferma lo spostamento a Milano di tutti gli snodi  direzionali della banca, restando solo  il contentino del grattacielo che interessa soprattutto il Comune per gli importanti oneri di urbanizzazione che incassa e che prima o poi finirà a carico dei torinesi, magari tramite la Cassa Previdenza dei dipendenti del San Paolo.

 

E’ quindi auspicabile un passo indietro della politica a favore delle personalità, e sono tante espresse dalla cultura, dall’impresa e dalle professioni, altrimenti la dichiarazione di Sergio Chiamparino di essere “pensionato”, una vera foglia di fico  per coprire lo scandalo del politico paracaduto, farà il paio con i 180 euro pagati da Lusi (e da tutti noi) per il piatto di spaghetti al caviale.

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