Nella Sanità non contano solo i numeri

Il parametro relativo alla popolazione non è sufficiente a dettare i criteri della razionalizzazione dei reparti ospedalieri. Amplissime sono le differenze territoriali in termini di caratteristiche demografiche ed epidemiologiche degli abitanti

Alla luce della riorganizzazione della Rete Ospedaliera della nostra Regione mi siano consentite alcune considerazioni, comprensibili agli “addetti ai lavori”, ma forse meno a tutti gli altri, che sono poi comunque la maggior parte dei nostri Concittadini, fruitori delle prestazioni del Servizio Sanitario.

La riorganizzazione della Rete Ospedaliera Piemontese è inizialmente contenuta nel così detto “Addendum 2011” che in parte anticipa una Bozza di Decreto elaborata lo scorso anno dal Ministero della Salute. Orbene in questa sono riportati “gli standard minimi e massimi di struttura per singola disciplina”,  in base ai quali si stabiliscono ad esempio le necessità dei Reparti Ospedalieri Degenziali in conformità a “bacini di utenza”, generalmente estremamente variabili, legati prevalentemente alla “numerosità” della popolazione. Questo “parametro” a mio avviso non è sufficiente da solo.   

Ovvia considerazione, a tutti invece comprensibile, è che in Italia, ma anche in Piemonte, amplissime sono le differenze territoriali in termini di caratteristiche demografiche ed epidemiologiche degli abitanti, conformazionali ed infrastrutturali dei luoghi e presenza di Presidi Ospedalieri e loro integrazione con le Strutture “lungodegenziali”. Senza tener conto poi di alcune specificità per alcune Specialità come l'Oncologia e le Malattie Infettive, come il mesotelioma nel casalese e la necessità di una capillare presenza di una rete infettivologica pubblica per la prevenzione e cura di alcune patologie come l'AIDS in costante lieve aumento, le meningiti e la tubercolosi, riemersa ai livelli degli anni cinquanta dello scorso secolo, quando però in Italia esistevano i “Dispensari” ed i “Sanatori”.

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