Pd, “Non è il momento di dividerci”
14:30 Mercoledì 17 Aprile 2013 3Il presidente regionale Giorgis lancia un appello all'unità. "Serve un partito forte e strutturato, ognuno avrà la possibilità di dire la sua, ma nel momento opportuno". E sul prossimo congresso annuncia: "Voteranno solo gli iscritti"
In principio erano singoli campanelli d’allarme, ora per il Pd c’è già chi suona le campane… a morto. A Roma come a Torino le tossine delle primarie tra Renzi e Bersani e le ataviche contraddizioni di una fusione a freddo, mai come questa volta rischiano di far implodere il principale partito del fronte progressista. E mentre non manca chi già paventa una separazione consensuale, la maggioranza pare orientata a fare di tutto per tenere insieme i cocci. Lo spiega il deputato e presidente del Pd piemontese Andrea Giorgis, giurista classe 1965, ex Ds ed esponente di spicco dell’area fassinian-bersaniana, già capogruppo in Sala Rossa nel secondo mandato di Sergio Chiamparino: «Nonostante le indubbie difficoltà che stiamo affrontando continuano a essere prevalenti le motivazioni che portarono alla nascita del Pd. In questa fase non possiamo permetterci una scissione» afferma.
Intanto non mancano i siluri lanciati quotidianamente all’indirizzo dell’avversario del momento, anche all’interno di quelli che erano i due blocchi originari, Ds e Margherita. Nei giorni scorsi il consigliere regionale renziano Davide Gariglio ha chiesto l’azzeramento dei vertici locali del partito e l’ex parlamentare Giorgio Merlo, fedele luogotenente di Franco Marini in regione, in una lettera pubblicata sullo Spiffero non nasconde tutte le sue preoccupazioni: «Ora può succedere di tutto» è l’attacco della sua argomentazione.
Ma allora, anche di fronte agli insulti continui, che dalle sezioni si sono spostati sui social network, in un partito relegato ai margini del dibattito politico locale dalla fragilità della sua classe dirigente, ridotto a mera macchina elettorale di pochi capicorrente, cosa c’è che ancora tiene insieme i pezzi? «E’ necessario concentrarci su quei temi, quelle parole d’ordine, che ci tengono uniti, dall’uguaglianza all’ammodernamento delle istituzioni» prosegue Giorgis, colomba tra tanti falchi nel grigio cielo democratico. «Serve un partito strutturato sul territorio in cui la discussione all’interno dei circoli non venga soffocata, ma anzi promossa. Serve un partito che discuta, ma nei momenti preposti». Aspettiamo il congresso? «E’ quella la sede e presto ci sarà l’occasione perché diverse linee politiche possano confrontarsi». Primarie per scegliere il leader o consultazione tra i tesserati? «Il congresso sarà pubblico, chiunque potrà parteciparvi, ma è giusto che le decisioni le prenda chi vive attivamente questa comunità».
Una comunità spesso imprigionata nelle minuscole beghe locali, in cui i “nuovi” non sanno niente e non chiedono nemmeno (copyright Sergio Chiamparino). Il caso San Salvario è emblematico: la smania di visibilità di un piccolo segretario di circolo e la superficialità di una piccola segretaria provinciale hanno scatenato le ambizioni di piccoli staffisti comunali, in un contesto in cui non si delineano prospettive, ma ognuno gioca contro l’altro alla ricerca di uno spazio d’azione. In tutto questo ha ancora senso la militanza politica? «Io credo fortemente nel ruolo delle nostre sezioni - replica Giorgis - sono il luogo di discussione, il luogo fisico in cui coloro che si avvicinano al nostro partito possono iniziare a occuparsi di politica. Per questo credo che servirebbe un gruppo dirigente più attento e rispettoso della base». Ma bastano i circoli per coinvolgere i cittadini? «Certamente no, e in questo senso dobbiamo essere abili a sfruttare le opportunità che la tecnologia ci offre, a partire dalla rete e poi attraverso l’istituzione dell’albo degli elettori, di cui fanno parte non solo gli iscritti ma tutti coloro che si sentono vicini alle nostre posizioni. Solo così riusciremo ad allargare la nostra base».