“Israele distrugge la Palestina” Lezione “super partes” all’Università
18:30 Lunedì 02 Maggio 2016 8Ci risiamo, parli di Medio Oriente e il punto di vista è sempre lo stesso. All'Ateneo di Torino ciclo di conferenze con relatori schieratissimi: tra loro anche promotori del boicottaggio contro Tel Aviv. La denuncia della Lega Nord: "Si ponga rimedio"
“Una serie di lezioni a senso unico, organizzate per sostenere una tesi e non per favorire il dibattito”. Se poi il tema è il Medio Oriente e il conflitto fra Israele e Palestina, la polemica s’infiamma. Ancora una volta a finire nel mirino è l’Università di Torino e in particolare il ciclo di conferenze sul “Medio Oriente dal trattato Sykes-Picot al jihadismo stragista”. A sollevare la questione è il capogruppo della Lega Nord in Sala Rossa Fabrizio Ricca, secondo il quale l’ateneo subalpino dimostra di essere “da tempo piegato su
posizioni filo palestinesi” e per questo “crea un convegno ad arte in cui verrà data voce a un solo popolo, passando giorni a fare illazioni e velati attacchi contro una controparte israeliana cui non verrà nemmeno data la possibilità di interagire”. Il programma prevede il primo incontro mercoledì 4 maggio, le conclusioni il giorno 20. Tra i titoli delle conferenze spiccano “Il progetto israeliano di settler-colonialism e la distruzione dell’economia palestinese” coordinato dalla professoressa Diana Carminati, vedova Masera, tra i discepoli della scuola del barone rosso Guido Quazza, e soprattutto firmataria degli appelli per il boicottaggio di Israele; oppure “Le radici della questione palestinese e la sua continuità nelle vicende della regione” che ha tra i relatori Enrico Bartolomei, dottore di ricerca dell’Università di Macerata, attivista filo-palestinese, in prima linea nella Striscia di Gaza.
“C’è un forte pregiudizio ideologico in questo genere di iniziativa. Prendo atto che la posizione ufficiale dell’Università sul tema è questa”. A parlare è Daniela Santus, ebrea, associata di Geografia nello stesso dipartimento che ha organizzato gli incontri, quello di Lingue, ma accuratamente non invitata invitata nonostante “vent’anni di ricerche sul Medio Oriente”. “Dal prossimo anno accademico mi dedicherò alla geografia di Paperopoli, anzi da Paperopoli a Topolinia” annuncia con analogo tasso di serietà adottato dall’Università nell’affrontare questioni tanto complesse. Un ostracismo riservato da anni alla Santus, in quella grande città laica, fiera del suo stampo democratico e antifascista, che è Torino. La bacheca centrale dell’Università è stata decorata da proteste contro la “Santus sionista”, così come lo studio di Angelo Panebianco è stato imbrattato con la scritta “Free Palestine” dagli antagonisti. Persino alla presenza del preside stesso Santus venne minacciata di subire “contestazioni” durante le lezioni future se avesse osato continuare a parlare d’Israele. Le bacheche universitarie vennero ricoperte di manifesti, comparve una stella a sei punte
uncinata, i “contestatori” costruirono un muro che tagliò in due l’atrio del palazzo universitario. “Alcuni colleghi – pochi per la verità – mi offrirono solidarietà, altri no. Gianni Vattimo si chiese addirittura come io – docente razzista – potessi insegnare e firmò l’appello per togliere la possibilità di parola agli israeliani presso l’Università di Torino”.
Un nervo scoperto, quello del rapporto tra l’accademia torinese e Israele, come dimostra la recente levata di scudi dei docenti contro la collaborazione scientifica con Technion, il secondo ateneo israeliano e tra i primi al mondo nella ricerca tecnologia. Oppure l’adesione all’Israeli Apartheid Week, la settimana internazionale dedicata ad “educare i cittadini circa la natura d’apartheid dello stato d’Israele contribuendo a rafforzare campagne per il Boicottaggio il Disinvestimento e le Sanzioni (Bds) contro Israele”. Per non dire di alcuni corsi smaccatamente filopalestinesi, dove i titolari pare siano di manica larga nei voti. Insomma, quella odierna non è una vicenda estemporanea. “Auspico che l’Università di
Torino si adoperi per garantire un contraddittorio con tutte le reali parti in causa o che, qualora non riuscisse a sopperire a tale mancanza, blocchi immediatamente questo convegno che a me pare possa essere solo un mezzo per un'informazione mendace e distorta” prosegue il leghista Ricca.
“Parliamo di un convegno accademico sul Medio Oriente e non sulla Palestina, cui è dedicato un solo pomeriggio – afferma la professoressa Marzia Casolari, professorezza di storia che ha organizzato gli incontri -. Si tratta di una iniziativa accademica e non politica, per questo invito chicchessia a evitare strumentalizzazioni”. Resta la domanda iniziale: perché non ci sono relatori vicini alla causa israeliana? “Israele si sa difendere da solo -. Per quanto mi riguarda rivendico il rigore scientifico nell’organizzazione di queste giornate perché, almeno per ora, la ricerca accademica è libera, meglio si contraddistingue per essere libera”. Poi la promessa: “Questi appuntamenti sono rivolti alla cittadinanza e aperti a tutti. Chiunque voglia partecipare al dibattito si presenti: sarà il benvenuto di qualunque orientamento esso sia”.


