(S)CENTRATI

Ncd nel caos, Alfano sotto tiro

Il partito è a un bivio. Lupi e Formigoni considerano chiusa l'esperienza di governo, ma dal Piemonte arriva una mano tesa al leader. Costa: "Mandato pieno sulle trattative per una nuova aggregazione centrista". Con i Moderati di Portas

Destra o sinistra? Ncd è a un bivio. Quella che doveva essere la casa in cui riunire i conservatori italiani, dopo il ventennio berlusconiano, si è progressivamente trasformata in alcova di una classe dirigente dedita alla fornicazione (o all’inciucio, secondo i detrattori), con quelli che dovrebbero essere gli avversari naturali. Il partito ribolle e mentre, da Milano a Palermo, c’è chi chiede ad Angelino Alfano di staccare la spina a Renzi, in Piemonte le ultime amministrative sono state il teatro di una diaspora all’insegna dell’ognun per sé e Dio per tutti. I nodi verranno al pettine durante la direzione nazionale, convocata in via del Governo Vecchio, a dimostrazione che persino la toponomastica si mette di traverso a complicare la decisione sul che fare: rimanere o meno nell’esecutivo a trazione Pd.

E se in Lombardia la componente di Comunione e liberazione che fa riferimento a Maurizio Lupi e Roberto Formigoni chiede, seppur con toni diversi, la fine dell’esperienza di governo (per il Celeste non si dovrebbe neanche attendere il referendum costituzionale), in Piemonte il ministro agli Affari regionali Enrico Costa prova a gettare acqua su un incendio che rischia di bruciare quel che resta del partito: “I detrattori del governo tendono a enfatizzare le nostre divisioni, auspicando di poter aprire una breccia nell’esecutivo. E guarda caso si torna a parlare dei nostri problemi a pochi mesi dalla consultazione popolare”. Di certo, però, Ncd è in fermento: Alfano da settimane lavora a un cantiere centrista con cui aggregare tutti quei soggetti che da una parte vogliono staccarsi dal Pd e dall’altra proporre un’alternativa alla destra “populista” di Matteo Salvini. Facile a dirsi.

In quest’ottica vanno inseriti anche i recenti contatti con il leader dei Moderati Mimmo Portas, un altro che si guarda intorno dopo la batosta elettorale di Torino in cui il centrosinistra – di cui fa parte da 15 anni – è stato sconfitto dal Movimento 5 stelle. “Va costruito un polo con chi non vuole far parte di un centrodestra radicale” prosegue Costa, che prospetta “un’area liberal-popolare” capace di inserirsi tra il Pd e Salvini. C’è uno spazio? Forse una fessura. Di certo c’è la grande incognita della legge elettorale: così com’è rappresenta una pietra tombale sul partito e infatti Alfano preme per una modifica volta a garantire il premio di maggioranza non al partito vincitore, com’è adesso, ma alla coalizione. La revisione dell’Italiacum è condizione “pregiudiziale” alla prosecuzione del governo. Ma per portare a casa il risultato ha bisogno di tempo, mentre continua a perdere pezzi.

A Torino, tre dei quattro membri della direzione nazionale sono riusciti nell’impresa di scegliere tre strade diverse nelle ultime comunali: Roberto Rosso si è candidato a sindaco con un rassemblement centrista con il simbolo di Ncd annacquato in  Udc Area Popolare, Daniele Cantore ha sostenuto la lista civica di Piero Fassino e il ciellino Giampiero Leo ha appoggiato Silvio Magliano nei Moderati, che peraltro è riuscito a entrare in Sala Rossa a suon di preferenze. L'ultimo, Sebastiano Gallina, esponente del Vco è sparito dai radar politici preferendo impegnarsi di autostrade (è presidente di Sitalfa).

“Oggi io non mi sento legato a Ncd, per quanto ci siano persone che stimo e con cui condivido molte idee, a partire proprio da Costa” dice Magliano, che in questa fase rimanda alle scelte di Portas ogni trattativa a livello nazionale: “Io mi occuperò di fare opposizione in Consiglio comunale, offrendo un’alternativa alla politica dei grillini”. Per il ciellino Leo, che ha partecipato all’ultimo sinodo e lavora da mesi al coordinamento interconfessionale di Torino, la scommessa è di riuscire a mettere insieme una “aggregazione centrista, europeista e riformista ispirata alla dottrina sociale cristiana”. Anche perché, prosegue Leo, “c’è uno spazio politico per intercettare quell’elettorato moderato e cattolico che rappresenta una parte importante di chi si astiene dal voto”. Dal Piemonte, dunque, nessuna pressione ad Alfano, anzi, il “pieno mandato a lavorare per un nuovo soggetto politico” come dice Costa. E dopo il referendum? Proseguire con Renzi o staccare la spina? “Ci parleremo e decideremo. Il punto non è cosa farei io, ma cosa deciderà il partito”.