Unicredit, traballa il sistema Palenzona

La bufera in cui è finito l'istituto bancario mette in bilico la sua rete di potere. Al punto che potrebbe presto iniziare la parabola discendente di questo provinciale di successo

CAMIONISTA Fabrizio Palenzona

Nonostante gli sprazzi di sereno delle ultime ore, la tempesta che si è abbattuta su Unicredit rischia di travolgere uno dei pesi massimi del potere piemontese (e non solo): quel Fabrizio Palenzona da Tortona che, in un pugno di anni, da peone di provincia ha scalato le vette dell’alta finanza del Paese.  I futuri assetti di Piazza Cordusio saranno determinati dai pesi che avranno le fondazioni dopo l’aumento di capitale, in quel quadro la prospettiva che Palenzona ne esca fortemente ridimensionato è un’ipotesi tutt’altro che peregrina. Anzi, i più attenti osservatori sostengono che l’attuale vicepresidente, garante della filiera Crt-Unicredit-Mediobanca, «sarà uno tra tanti».  Com’è noto tutta la complessa architettura del sistema Palenzona si regge su due pilastri: la Fondazione Crt di Torino (per conto della quale siede nella banca) e la potente lobby dell’autotrasporto (che grazie all’amicizia con la buonanima di Marcellino Gavio l’ha proiettato alla guida dell’Ascat e in ultimo, by Gemina, alla testa di Aeroporti di Roma). Ora che scricchiola la prima colonna tutta la struttura diventa instabile. E, in più, proprio mentre si aprono i giochi dei rinnovi dei vertici della Compagnia di San Paolo (dove gioca da esterno ma influente) e, a ruota, di Via XX Settembre. Tra coloro che stanno incrociando le dita c’è in prima fila Enzo Ghigo, il senatore pidiellino a cui ha promesso la presidenza della Crt, fedele alla nomea di “banchiere che ti sistema”, più che “di sistema”. Ascendenza democristiana, gavetta in Forze Nuove, la corrente di Donat-Cattin, sostenitore del centrosinistra ma da sempre in buoni rapporti con l’entourage berlusconiano (da Gianni Letta in giù): tratti che, questa volta, potrebbero non essere sufficienti.

 

Lui, com’è nella sua natura, ostenta sicurezza. In fondo, ne ha viste e passate di tutti i colori, riuscendo sempre a uscire miracolosamente indenne anche dalle bufere più minacciose che l’hanno lambito, dall’intrico coi furbetti del quartierino (è stato accusato di aver incassato grosse somme su un conto acquartierato a Montecarlo da Fiorani e da Boni) fino alle disavventure imprenditoriali del fratello Giampiero, implicato nel crack Aiazzone, con transazioni bancarie su Unicredit). Tutte vicende finite in un cono d’ombra e che potrebbero riaffiorare dall’oblio giudiziario.

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