POLITICA & GIUSTIZIA

Spese pazze, sentenza ragionevole

Accusa e difesa divergono sull’esito del processo Rimborsopoli. L'avvocato Mirate: “Punite solo le spese considerate abnormi”. Ma la Procura non ci sta e annuncia il ricorso in appello

Da una parte i legali che hanno visto assolti i propri assistiti cantano vittoria, dall’altra la Procura di Torino rende nota l’intenzione di ricorrere in appello contro le assoluzioni. A poche ore dalla sentenza sulla Rimborsopoli piemontese, in cui sono stati condannati solo 10 consiglieri su 24 e assolto, tra gli altri, l’ex governatore Roberto Cota, si accavallano le reazioni. “Il dispositivo dimostra che i giudici hanno fatto una valutazione degli atti equilibrata e minuziosa, perfettamente coerente con la serenità con la quale il Presidente ha condotto il dibattimento” dichiarano Aldo Mirate e Piermario Morra, avvocati dell’ex consigliere azzurro Lorenzo Leardi. Secondo i due legali, i giudici hanno punito “solo le spese considerate abnormi”. Ma non sarebbe solo un problema di quantità: la giurisprudenza nel resto d'Italia, infatti, è andata in senso contrario agli orientamenti della procura torinese.  Di tutt’altro avviso l'accusa, sostenuta dai pm Giancarlo Avenati Bassi ed Erica Gabetta, che ad aprile aveva chiesto 25 condanne dai 16 mesi ai 4 anni e 4 mesi. Secondo i due magistrati “sotto gli aspetti tecnici e giuridici la nostra impostazione è stata confermata: la sentenza riconosce che i consiglieri regionali sono pubblici ufficiali e il denaro dei gruppi consiliari è di pertinenza pubblica. Quanto al resto, studieremo le motivazioni. Quasi certamente faremo ricorso in appello”.

Secondo Guido Carlo Alleva, legale di Cota, “la sentenza è accurata, dettagliata e molto meditata che fa giustizia non solo dal punto di vista dei fatti contestati ma anche dal punto di vista giuridico e, in un certo senso, anche mediatico”. Un dispositivo che pone fine ad anni “che per Cota sono stati un calvario”.