Moria di negozi e ambulanti
Commercio “old style” in crisi
17:40 Giovedì 07 Settembre 2017
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Il Piemonte è tra le regioni in cui la "rivoluzione" è più incisiva. Dal 2007 a oggi i piccoli esercenti sono scesi del 18% e i banchi al mercato del 21%. Boom dell'e-commerce e delle nuove attività ricettive, a partire dai b&b
Il commercio è alla frutta, almeno quello tradizionale. Dieci anni di crisi hanno completamente trasformato il modo di fare acquisti in Italia e non solo: addio al mercato, la spesa si fa on line e la grande distribuzione rischia di spazzare via i piccoli esercenti. Basti pensare che dal 2007 (ultimo anno prima della grande depressione) a oggi in Italia sono scomparse oltre 108mila imprese del commercio in sede fissa, il 15 per cento del totale. Attività che sono state parzialmente sostituite da pubblici esercizi e attività ricettive (+63mila, per un incremento del 16,6%). È quanto emerge da uno studio dell’Ufficio economico di Confesercenti. Patrizia De Luise, numero uno dell’associazione,
denuncia “un trasferimento delle quote di mercato dai piccoli alla grande distribuzione” e poi ci sono gli stili di vita che cambiano, il boom dell’e-commerce (che cresce dell’80 per cento), la difficoltà delle piccole imprese a carattere familiare di rinnovarsi. Dieci anni in cui anche dal punto di vista del commercio è cambiato il mondo. In questo quadro il Piemonte è tra le regioni in cui è più alto il tasso di chiusura di negozi ed esercenti in sede fissa, con una contrazione di 8.474 unità (-18,6%), inferiore solo alla Valle d’Aosta (-21%) e alla Sicilia (-20,8%). E pure nel commercio ambulante la situazione non è migliore con una riduzione dei banchi di 4.659 unità, più della Sicilia (-1.616), dell’Emilia Romagna (-1.444) e della Puglia (-975). In termini percentuali le variazioni negative più significative si registrano in Valle d’Aosta (-28%), Piemonte (-21%), Basilicata (-19%), Molise (-14%) e Trentino Alto Adige (-13%).
Ma la riduzione dei negozi non ha colpito in egual misura tutte le tipologie di impresa. Sono state infatti le imprese attive nel commercio di tessili, abbigliamento e calzature a pagare lo scotto più alto: dal 2007 se ne contano circa 40mila in meno. Giù anche i negozi di ferramenta e materiali per costruzioni (-9.834) e giornali (-3.926), mentre, tra i dati positivi, si segnala l’aumento del numero di tabaccherie (+4.749) e dei negozi di informatica e telecomunicazioni (+2.216) e, soprattutto, delle attività commerciali fuori dai mercati e dai negozi: le imprese di commercio porta a porta, online, e vending machine sono oltre 18mila in più, con una crescita di oltre l’82,5%. A scendere invece, nonostante la crescita degli ultimi anni, anche il numero di ambulanti (-17.587). Dal 2007 ad oggi aumentano sia le imprese di ristorazione (+55mila, per un incremento del +16,8%) sia gli hotel e le
altre attività ricettive (+7.139 imprese, con una variazione positiva del +14,9%). Particolarmente rilevante la crescita di b&b e affittacamere: solo negli ultimi cinque anni hanno registrato un incremento del 56%, e si prevede che, da qui al 2021, il numero sia destinato a salire ancora del 23%. Una piccola rivoluzione con il proliferare di imprenditori in questo comparto.
Per comprendere il differente livello di ricchezza che c’è a livello regionale basti pensare che in Lombardia – dove raggiunge il livello più elevato - la spesa media familiare si attesta a 36.372 euro, mentre in Calabria, all’ultimo posto in classifica, risulta pari a 20.748euro, quasi la metà. Il Piemonte si piazza a metà con una spesa media di 31.291 euro, 1.757 in meno rispetto al 2007 (quando era di 33.048) con una riduzione in termini percentuali del 5,3.
LA TABELLA SULLA SITUAZIONE IN PIEMONTE
Livelli della spesa particolarmente significativi si registrano inoltre in Trentino Alto Adige (36.264), Emilia Romagna (34.848 euro), Valle d’Aosta (33.324 euro) e Toscana (33.036 euro), mentre - oltre alla Calabria - anche Sicilia e Basilicata segnalano valori particolarmente contenuti, pari rispettivamente a 21.888 euro e 23.076 euro l’anno. Rispetto al 2007, sono ben 14 le regioni che registrano una variazione negativa, che risulta particolarmente consistente in Calabria (-21,6%, pari a -5.628 in valori assoluti), l’Umbria (-17,5%, -5.711 euro) e Sardegna (-14,3%, -4.251 euro). Da segnalare anche i cali di Molise (-13,9%, più di 4.200 euro in meno) e Veneto (-13,2%, per 4.881 euro in meno). Variazioni di segno opposto di una certa consistenza, si segnalano solo in Trentino Alto Adige (+7,2%, +2.493 euro in valori assoluti) e in Liguria (+3,9%, 1.026 euro in più).