I nodi (irrisolti) della Catalogna

In Spagna si è creata una situazione incresciosa con l'esercito che ha tentato di bloccare un voto democratico. I catalani da anni chiedono l'indipendenza dalla Spagna, ma il governo di Madrid rifiuta qualsiasi accordo. Ben diverso di quello che è successo nel Regno Unito dove è stato permesso il referendum per l'indipendenza della Scozia poi vinto dagli unionisti. Lì si è votato senza tanti problemi dimostrando cosa significa civiltà. Hanno vinto gli unionisti, ma se avessero vinti i secessionisti si sarebbe proceduto tranquillamente. Al contrario in Spagna non si è scelta la strada della ragionevolezza, ma quella dello scontro.

Facendo una considerazione eminentemente politica, se si fosse permesso il referendum ed avessero vinti i secessionisti si sarebbe andati alla trattativa, i tempi si sarebbero allungati, gli animi calmati, le tensioni stemperate e si sarebbe giunti ad un compromesso. La diplomazia della trattativa avrebbe potuto imbrigliare gli animi più accesi, Madrid avrebbe concesso una maggiore autonomia e i catalani avrebbero potuto rinunciato all’idea della secessione. Un esito probabile non sicuro, ma sempre meglio delle tensioni e della creazioni di nuovi martiri che continueranno ad infiammare gli animi per gli anni a venire.

Questo da un punto di vista esclusivamente pratico, che non rispecchia i principi di libertà a cui ci ispiriamo, perché non si capisce come sia possibile che in una paese che si ritiene democratico possa essere vietato un voto.

Quello che accade in Spagna è un fenomeno che merita un approfondimento. Ci troviamo in una democrazia europea, un paese cosiddetto avanzato in cui si è anche legiferato sui matrimoni omosessuali, ma in cui è stato tentato di vietare un voto e si è arrivato ad uno scontro istituzionale fra governo centrale e quello regionale, con il capo della polizia regionale che si è rifiutato di intervenire per fermare il voto, inquisito per sedizione. Una situazione incredibile. Questo episodio mette bene in luce che anche gli stati democratici possono subire una deriva non democratica. Gli stati, proprio perché tali, hanno il totale monopolio della forza su un determinato territorio e per quanto possano essere democratici, per loro natura intrinseca tenteranno di mantenere ben saldo il loro potere. La forma delle istituzioni, come si può verificare anche in altri contesti, non può da sola garantire la sostanza democratica di uno stato, ma i principi democratici devono essere introiettati nella cultura dei cittadini e sostenuti dalla loro volontà. Anche in Unione Sovietica si votava, ma non per questo poteva essere considerata una democrazia o meglio ancora un paese libero.

Una comunità si fonda su valori e interessi condivisi e se questi vengono a mancare non si può parlare di comunità. I confini degli stati sono stati decisi da guerre e trattati in cui i pareri degli individui poco hanno contato. In Europa anche di recente abbiamo avuto delle secessioni volontarie e non è successo nulla di catastrofico. La Cecoslovacchia si è separata senza che il mondo crollasse.

Una comunità si dovrebbe fondare sulla volontà degli aderenti a farne parte e non sulla costrizione. Che senso ha parlare di democrazia quando è la forza bruta a doverne garantire l’unità. La possibilità di secedere dovrebbe essere un diritto garantito a tutti. Per esempio la nuova costituzione del Liechtenstein prevede il diritto a secedere ai comuni che fanno parte del principato.

In Spagna esiste una costituzione che prevede l’unità nazionale e in base a questo articolo si è mandato l’esercito contro i catalani. Una costituzione, per quanto nel mondo occidentale si faccia retorica, è una legge stilata e sottoscritta da un numero ristretto di uomini del passato spesso morti e sepolti. Può un accordo fra morti impegnare per l’eternità i discendenti? Una costituzione è viva quando è ancora sentita tale dai cittadini, ma se così non è, può essere tranquillamente cambiata. Come se un contratto di lavoro vincolasse per l’eternità i discendenti dei due contraenti originari.

Al di là di ciò, una legge qualsiasi compresa la costituzione potrebbe non essere legittima, ovvero corretta da punto di vista formale, ma non rappresentante una posizione giusta. Le leggi razziali fasciste sono state emanate in base ai procedimenti formali all’epoca vigenti, ma rappresentano un abominio per la coscienza attuale. La costituzione spagnola indica l’unità come valore fondamentale, ma ormai una consistente fetta di cittadini non lo ritiene più tale. Aggiungiamo che chi ritiene non più sopportabile vivere sotto il governo di Madrid ha chiesto di votare, non ha assaltato baionetta in resta nessun palazzo del potere. Ci possono essere stati delle forzature, ma sempre perché si è impedito di votare. Nel Regno Unito si è votato e non successo niente. I confini della nazioni non sono fissati per l’eternità, ma possono variare in base alle esigenze e alla variazioni delle comunità. Se lo si potesse fare senza scatenare guerre non sarebbe un male. Il divorzio è considerato una conquista di civiltà e non si capisce perché una comunità non possa separarsi consensualmente.

C’è un interessante episodio dei Vangeli che esplicita bene la differenza fra legalità e legittimità. Presso gli ebrei il sabato era il giorno dedicato a Dio e non si poteva svolgere nessuna attività lavorativa. In un passo dei Vangeli si racconta di come, i discepoli, in un giorno di sabato si misero a raccogliere alcune spighe di grano per fame, attirandosi l’ira dei farisei che urlarono alla regola violata. Gesù risponde citando l’analogo episodio del re Davide, che addirittura aveva violato le offerte del tempio per sfamare i suoi uomini, ma soprattutto dice:  “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!”(Mc 2,27). Parafrasando il Vangelo: è la legge fatta per gli uomini o gli uomini per la legge?

Alcune considerazione lasciano il tempo che trovano. Alcuni dicono che la secessione danneggerebbe gli stessi catalani. Potrebbe essere vero, ma se la volontà è quella di secedere, anche affrontando degli svantaggi, perché impedirlo? In Europa e nel mondo esistono tante piccole nazioni e non se la passano male, anzi spesso il benessere sembra inversamente proporzionale alle dimensioni dello stato: più sono piccoli, più è alto il reddito medio.

Non bisogna dimenticare l’esistenza di un diritto all’autodeterminazione dei popoli sancito da vari trattati internazionali e costituente il primo articolo dello statuo delle Nazioni Unite. Inoltre tale diritto è inserito in varie convenzioni giuridiche sui diritti umani fondamentali. Il diritto ha una precisa enunciazione teorica, ma un’applicazione pratica non chiara e principalmente applicato in passato nel processo di decolonizzazione. Non è ben spiegato come questo diritto debba esplicitarsi, considerato che il diritto internazionale si basa sulla statualità e ovviamente c’è contraddizione fra la tutela dell’integrità degli stati e autodeterminazione dei popoli. Rimane il fatto che il diritto, per quanto non sempre applicato, esiste ed è necessario tenerne conto.

Molti cosiddetti liberali si sono schierati con la repressione della Spagna in base a vari ragionamenti da quello legalistico a quello spiccio che una Catalogna indipendente avrebbe un governo di sinistra. Abbiamo detto poco sopra che ci sono vari motivi per considerare una posizione legittima, anche se apparentemente non legale, ricordando sempre che si trattava di votare e non di un’azione violenta. Purtroppo il liberalismo italiano è alquanto contradditorio dato che alle sue origini ottocentesche si è alleato con il nazionalismo e ha perseguito l’unità d’Italia che è a tutti gli effetti un progetto costruttivista e non certo espressione dell’ordine spontaneo della società. La considerazione che una Catalogna indipendente diverrebbe uno stato socialista è quantomeno una considerazione risibile. Non si può votare solo quando fa comodo. Non solo. Un stato più piccolo per sua stessa natura è costretto ad essere più aperto, sia per approvvigionarsi di materie prime, sia per vendere le proprie produzioni e per quanto possa essere socialista proprio le ridotte dimensioni, con la conseguente costrizione all’apertura ai mercati internazionali, ne limitano le azioni tese a ridurre le libertà individuali.

Per chiudere l’articolo citiamo la sentenza del 22 luglio 2010 del Tribunale Internazionale di Giustizia dell’Aja: “Dichiariamo che non esiste nel Diritto Internazionale nessuna norma che vieti le dichiarazioni unilaterali d'indipendenza. Dichiariamo che quando esiste contraddizione tra la legalità costituzionale di uno Stato e la volontà democratica popolare, prevale la seconda, e dichiariamo che in una società democratica, a differenza di una dittatura, non è la legge a determinare la volontà dei cittadini ma è quest'ultima a creare e modificare quando necessario, la legalità vigente”.

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