Il "sovietico" Toninelli

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli è stato recentemente intervistato nel programma televisivo In Onda su La7, facendo dichiarazioni sui suoi obiettivi in merito alla mobilità. Sulla faccenda Alitalia abbiamo già parlato in più di un’occasione in questa rubrica e pertanto ci fermeremo brevemente. Il ministro vorrebbe rinazionalizzare la compagnia dopo che lo Stato ci ha rimesso circa 7 miliardi dei contribuenti. In questa rubrica siamo fortemente a favore di liberalizzazioni e privatizzazioni, ma al di là ciò, se la gestione pubblica ha fallito innumerevoli volte perché insistere con la stessa ricetta? Non è meglio provare qualcosa di completamente diverso? Per quanto si possa essere statalisti è evidente il fallimento della gestione pubblica in Alitalia. Per tenerla in piedi senza bruciare i soldi dei contribuenti l’unica strada è la privatizzazione. I Cinque Stelle si fanno paladini dei deboli, ma che senso ha, spremere i poveri contribuenti, compresi i deboli, per mantenere i privilegi di Alitalia? Togliere ai poveri per dare a chi sta bene? Non credo che gli stipendi in Alitalia siano come quello di un operaio o di un impiegato. Aggiungiamo che il trasporto aereo è in espansione e normalmente in un mercato del genere anche le società non propriamente efficienti riescono a vivere, mentre in un mercato in contrazione tali società tendono a fallire: Alitalia neanche in un settore in espansione è riuscita a produrre utili. Come si può sperare che una nazionalizzazione possa risolvere il problema? Probabilmente per Alitalia la soluzione migliore sarebbe lo smembramento per lo stesso motivo del Monte dei Paschi di Siena, ovvero una cultura aziendale non orientata al mercato non facilmente sostituibile. Con lo smembramento e il cambio delle dirigenza anche media si può sperare in un cambio di cultura aziendale in tempi ragionevoli.

Oltre alla nazionalizzazione di Alitalia, il ministro vorrebbe continuare a tenere in mano pubblica il trasporto ferroviario, che a parte Italo e poco altro, è completamente statale. Qui la giustificazione è la sicurezza, come se tale criterio non venisse considerato dal consumatore quando fa un acquisto. Quando si acquista un auto si sceglie anche in base alla sicurezza e non si capisce perché la stessa persona quando acquista un biglietto del treno non dovrebbe tenere conto di ciò, confrontando ed eventualmente pagando di più per viaggiare con una compagnia più sicura. Oltre a questi propositi, il vero obiettivo del ministro è l’auto vista come un nemico da abbattere. Premettiamo che da una vita facciamo i pendolari con i mezzi pubblici, ma voler abolire le automobili è un progetto di tipo sovietico, se non peggio. Il sogno del ministro è spostare tutto il traffico pendolare su treno e bici eliminando le auto. Al ministro forse sfugge il fatto che il treno non raggiunge tutte le località ed alcuni comuni anche di zone pianeggianti sono raggiungibili solo con strade di fortuna. Le linee ferroviarie seguono alcune direttrici e non hanno una struttura a maglia che permetta di collegare anche comuni vicini. Tutti quelli che abitano in comuni privi di stazioni ferroviarie cosa dovrebbero fare?

La bici può sembrare una soluzione ottimale per gli spostamenti brevi, ma sotto la pioggia o con il caldo umido della pianura padana o ai 35/40 gradi del sud non sembra una così buona idea. Sfugge al ministro che molti impiegati hanno un dress code che impone giacca e cravatta abbigliamento non proprio adatto a pedalare. Dato che ci toccherà lavorare a lungo, non è detto che raggiunta una certa età si possa ancora usare la bici. Si può incentivare l’uso dei mezzi pubblici e della bici, ma non ha molto senso colpire l’auto che rappresenta l’unico mezzo che arriva ovunque. Proibire l’auto significherebbe svuotare un bel po’ di comuni e costringere la gente a trasferirsi nelle grandi città provocando un ulteriore aggravamento del problema del traffico. Sarebbe da chiedere al ministro se è proprio convinto della bontà delle ferrovie e pertanto se è disposto a costruire nuove infrastrutture. Da un lato vogliono bloccare le grandi opere, come la Tav, e dall’altra vogliono che tutti utilizzino i mezzi pubblici. Se si vuole incentivare il trasporto pubblico bisogna pensare a investimenti importanti per grandi opere; non si può pensare che le persone si convincano ad usare i mezzi pubblici quando le strutture sono al collasso. Viene da chiedersi se il ministro abbia mai fatto il pendolare.

Pensiamo che il ministro sia mosso da buone intenzioni, ma non possiamo non notare che l’attacco all’automobile privata è un attacco alla mobilità individuale e pertanto una limitazione della libertà. L’argomento meriterebbe forse un lavoro a parte, ma accenniamo alcune cose. L’auto è un simbolo di libertà e le critiche rivoltagli nascondono una posizione contro la libertà degli individui. Chi desidera un mondo senza auto vorrebbe tornare ad una situazione anteguerra dove le auto erano poche e riservate ai ricchi e tutti gli altri si “attaccavano al tram”.

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