Da quassù nessun confine

Il 12 aprile 1961 il primo uomo nello spazio, il sovietico Jurij Alekseevic Gagarin, osservava la Terra dall’oblò del suo Sputnik. Rapito dallo spettacolo che si parava innanzi ai suoi occhi, il cosmonauta russo trasmetteva parole piene di emozione alla sala di lancio: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”. Le sue parole non erano dettate dalla propaganda e neppure dal clima di Guerra fredda che divideva popoli e nazioni, contrapponendo l’Est all’Ovest in un gioco segnato sovente da grandi tensioni, ma consistevano in una semplice e pura testimonianza scaturita, con molta spontaneità, dalla straordinaria visione di cui era incredulo spettatore.

Le uniche barriere presenti in natura sono infatti i fiumi, gli oceani e le catene montuose: ostacoli che l’Uomo col trascorrere del tempo ha imparato a superare, grazie alla sua affannosa ricerca di nuovi pascoli e praterie. Le migrazioni dei popoli rappresentano davvero un fenomeno antico, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, come testimonia la scoperta in Africa di alcuni fossili appartenenti al primo ominide. La nostra specie pare quindi abbia mosso i suoi primissimi passi sul Continente nero, di conseguenza è bene ricordare che siamo tutti africani, anche i cosiddetti “Ariani”, e che viviamo sopra un pianeta completamente privo di confini e razze umane sin dalla sua lontana formazione.

La Terra ruota intorno al Sole, tutto il sistema solare ruota (insieme ad altre migliaia di costellazioni) intorno al centro della galassia: una delle tante in movimento nell’Universo. Il pianeta azzurro non è più grande di uno spillo se guardato dalla Via Lattea, e la stessa umanità si perde nei vetrini di un microscopio se vista dal “vicino” Saturno.

Una “punta di spillo” molto particolare poiché piena di vita: ogni minuscolo angolo della nostra Terra rigurgita ovunque Vita (nell’acqua come nelle grandi foreste, passando per gli infiniti deserti). La presente rubrica non è certamente il luogo ideale per riflettere o filosofeggiare sul senso della nostra esistenza, ma questo dato di fatto non mi impedisce di manifestare un grandissimo stupore nel valutare l’unicità dell’azzurro pianeta chiamato Terra: corpo celeste vivo, mentre ovunque tra i sistemi da noi conosciuti è possibile osservare solamente masse gassose, o lande deserte rese invivibili dalle alte temperature che le caratterizzano.

Considerazioni queste di certo elementari, ma purtroppo volutamente ignorate dalla grande maggioranza dei terrestri, i quali da qualche secolo sono totalmente impegnati nel distruggere il patrimonio naturalistico che li circonda, e ad uccidere i propri simili sulla base di criteri discriminanti che sono sempre gli stessi sin dai tempi più bui della nostra Storia.

Osservando la Terra dallo spazio i confini e le rivalità nazionalistiche non hanno davvero alcun senso, così come non ne hanno i tanti aspetti paradossali e folli di cui è intriso intimamente il fenomeno razzista. Perseguitare i nostri simili per il colore della pelle, oppure il continente di provenienza e la fede religiosa professata, raffigura in assoluto l’atto più stupido che si possa compiere: al pari solo della delirante devastazione ambientale in corso.

Il razzismo è becero anche per il suo essere costantemente l’alibi ideale al fine di poter celare l’incapacità di governi spesso lassisti e soprattutto dediti all’esercizio del potere fine a se stesso. Un’ottima distrazione di massa su cui poter scaricare livore e frustrazioni varie; idonea anche a permettere la consegna della carta bianca a ministri e premier di turno. Involuzioni democratiche coltivate nell’indifferenza generale (malgrado il marcato contrasto con la carta Costituzionale).

La distrazione di massa passa storicamente per l’individuazione di nemici adatti allo scopo, oppure attraverso la costruzione di un immenso clima di paura, quasi di terrore, verso il diverso. L’immaginario collettivo basato sul richiamo continuo verso un modello ideale di esistenza, purtroppo irraggiungibile, sembra reso vano solamente dall’invasione da parte di culture che si pongono quali antagoniste delle comunità autoctone. Eliminati i migranti nessuno potrà interporsi tra i sogni e la dura realtà.

Il lavoro scarseggia, quel poco offerto viene pagato pochissimo, e gran parte dei giovani vivono faticosamente sulle spalle di genitori e nonni. Mentre aumentano quotidianamente i costi delle bollette, i servizi essenziali alla persona corrono verso la privatizzazione, sempre a favore delle imprese e a scapito dei cittadini.  La stessa decisione di andare in vacanza è soggetta a valutazioni economiche attente la cui sintesi sovente si riassume nella rinuncia e chiudendosi in casa.

Pagare dai dieci ai sessanta euro per un lettino collocato sulla spiaggia pubblica (quindi su un terreno nostro) è fatto grave, poiché ritrae una privatizzazione massiccia contro cui sarebbe doveroso gridare allo scandalo. Invece, purtroppo, segue un pesante silenzio spezzato unicamente se ci si imbatte contro un immigrato possessore di cellulare, oppure in una bambina Rom che corre a piedi scalzi sul marciapiede urbano.

Chiuse le frontiere, alzati possenti muri ai confini e rimandati a casa loro gli zingari, occorrerà che il Potere trovi al più presto un altro capro espiatorio utile al suo scopo, ossia governare a favore dei magnate e a scapito dei cittadini. Questa sostituzione non sarà di certo un problema irrisolvibile: siamo alcune decine di milioni in Italia, e di certo non sarà difficile rinvenire persone con qualche “odiosa diversità” a cui indirizzare la gigantesca rabbia dei cittadini per bene.

“Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini” (Jurij Gagarin, 12 aprile 1961).

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