VERSO IL 2019

"Via il listino, tutti a caccia di voti"

Il diktat di Chiamparino alla maggioranza: modificare la legge elettorale per aumentare la platea di candidati costretti a conquistare le preferenze. Un modo per stemperare i mugugni delle province più piccole che temono di restare senza rappresentanti

L’alpino Sergio Chiamparino rinuncia al passo cadenzato della Trentatré per suonare la tromba e far partire i suoi di corsa come bersaglieri. La campagna elettorale, di fatto, l’ha già avviata, ancor prima dell’investitura ufficiale, ormai poco più che una formalità. Salvo sorprese, ovviamente. E stavolta presto e bene, smentendo il proverbio, devono andare insieme. Soprattutto se i tempi sono stretti e non concedono ulteriori deroghe come nel caso della nuova legge elettorale regionale, obiettivo (adesso più di prima) considerato imprescindibile dal ricandidato presidente.

Il quale ha suonato la carica al presidente del Consiglio regionale Nino Boeti che già aveva provato più volte a condurre in porto un nuovo testo dovendo purtroppo ogni volta arrendersi di fronte agli incagli nelle secche provocate dalla stessa maggioranza. Squillo di tromba anche nelle orecchie del capogruppo del Pd Domenico Ravetti, alla guida di una compagine mai del tutto unita sulla questione e con non pochi consiglieri con il piedi perennemente sul freno a salvaguardia della propria posizione dai rischi che curvare su qualche modifica potrebbe comportare alle prossime elezioni. Anche Ravetti, come Boeti, pur con ruolo diverso, ha di recente provato a fare sintesi delle varie proposte producendo un proprio testo.

Per Chiamparino dotare il Piemonte di un nuovo sistema elettorale, anche se non rivoluzionario come ipotizzato in alcuni progetti arenatisi in questi quattro anni di legislatura, oggi a meno di un anno dal voto e pochi mesi dall’entrata nel vivo della campagna elettorale più impervia per il centrosinistra è cruciale.

Non a caso lo ha ribadito nell’incontro di sabato scorso nel quale ha espresso la sua disponibilità a candidarsi. Lo aveva detto anche nel 2014, appena eletto in ben altre condizioni per il Pd, annunciando la modifica della legge come una priorità della legislatura appena incominciata. Poi le cose, sono andate diversamente e forse non ci sarebbe stata questa accelerata se il Chiampa non avesse deciso, tornando sui suoi passi, di accettare la sfida più difficile per lui, abituato da un po’ a vincere facile.

Adesso i passi vanno fatti di corsa e non solo per fare quel che non si è fatto in quattro anni. Il presidente vuole vedere correre tutti, nessuno escluso. Tutti a tirare su preferenze, nessuno seduto ad aspettare di alzarsi solo per risedersi sulle poltroncine di Palazzo Lascaris nel caso si vinca. Via, dunque, il listino del presidente, l’elenco di candidati da sempre esentati dall’andare a battere i voti (o farlo senza troppo impegno) e con l’elezione garantita per quel criticato (ma al contempo sotto sotto difeso) sistema per attribuire il premio di maggioranza a chi vince.

Certo, non è e non sarà solo questa la mossa per cercare di recuperare consensi e piazzarsi al meglio (o meno peggio) per l’inizio vero e proprio della campagna elettorale, che ancora non si sa bene contro chi andrà combattuta e con quali armi. Aspettando di capire se il centrodestra andrà unito oppure la Lega correrà da sola o, ancora, si riprodurrà il modello di Governo carioca, Chiamparino non rinuncerà al collaudato quanto trasversale ricorso a quelle operazioni in zona Cesarini fatte di interventi e misure, per quanto consentito dalle casse, tipiche di ogni amministrazione di qualsiasi colore a fine mandato.

L’aver scongiurato il rischio di non poter impiegare il tesoretto di Finpiemonte a favore del tessuto imprenditoriale, per esempio, consentirà una di queste azioni, unendola ovviamente da altre sempre di presa su un elettorato che certo non si presenta nei tranquillizzanti numeri del 2014.

Qui si lega lo sprone per avere in fretta la nuova norma elettorale. Una chiamata alle armi, tutti alle manovre e nessuno imboscato, incominciando dalle reclute cui il Chiampa indirettamente si rivolge anche in risposta ai mugugni e alle velleità: chi è bravo può dimostrarlo, correndo e facendosi eleggere. Ma c’è dell’altro nel disegno del presidente: oltre a mantenere, sia pur tardivamente, l’impegno assunto ad inizio mandato e non offrire il fianco a facili critiche degli avversari anche su questo tema, l’abolizione del listino e il conseguente riparto del premio di maggioranza su base provinciale senza dover modificare i collegi (uno degli ostacoli maggiori, spesso usato per stoppare la riforma) sanerà il vulnus denunciato da alcune provincie, soprattutto quelle più piccole, di vedere ridotta a zero la loro rappresentanza.

Poi c’è la doppia preferenza di genere: pur non essendone un fanatico, Chiamparino la pone come secondo punto nel disegno minimale di modifica, insieme alla cancellazione del listino. Non gli sfugge che proprio sulla possibilità per l’elettore di esprimere due preferenze, di cui obbligatoriamente una per un uomo e l’altra per una donna, si era riaperto prima dell’estate il dibattito sulla legge elettorale. E sa bene come non dare al Piemonte, mentre molte altre Regioni già l’hanno fatto, questo strumento provocherebbe un impatto non certo positivo sugli elettori e su una parte dello stesso centrosinistra.

Anche se va ricordato che proprio dal suo partito sono emerse posizioni non certo apertamente favorevoli a questa proposta che, come nel caso del listino, preoccupa più di un attuale componente dell’assemblea con l’intenzione di ripresentarsi e ha, quindi, indotto a malcelate impuntature. Atteggiamenti che adesso, dinnanzi all’appello di Chiamparino, tornato a indossare il cappello con la penna di quando “salivamo con i muli nelle manovre della Brigata Cadore”, è facile immaginare saranno assai meno o per nulla recalcitranti.  

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