Lo spartiacque delle Europee

Tra le poche cose chiare che si possono ricavare dopo l’avvio del governo pentaleghista e la confusione che regna sovrana nell’ex centrosinistra è che i simboli del passato non sono più strumenti riproponibili nel futuro della politica italiana. E questo non solo perché lo dicono quasi tutti i sondaggisti ma per la semplice ragione che il progetto politico che affiancava e giustificava quei simboli sono oggettivamente falliti.

Se è vero, com’è vero, che non si può più parlare, e giustamente, del tradizionale centrodestra dopo lo straordinario successo della Lega salviniana e il crescente consenso che accompagna - almeno stando ai sondaggi - quel partito, è indubbio che anche nel campo dell’ex centrosinistra la geografia è cambiata radicalmente. Ad oggi nessuno sa cosa capiterà concretamente nel Pd. Si scioglie il partito come vuole il suo Presidente Orfini? Si estingue come auspica il vulcanico Calenda? Si divide consensualmente come pare emerga da alcune dichiarazioni di fan renziani? O resta ancora unito continuando a precipitare nei sondaggi come preconizzano tutti i sondaggisti? Nessuno conosce ad oggi l’epilogo finale anche perché è un partito senza comando dove ormai l’unica notizia è una permanente guerra fra le svariate “tribù” interne - sono circa 20 le correnti stando ai resoconti giornalistici - dove è oggettivamente difficile costruire una sintesi capace di presentare un partito unito e compatto all’esterno. Ci riuscì Renzi accentuando la sua natura di “capo” e riducendo però il partito ad uno strumento personale. Non a caso fu definito quasi subito come il “PdR”, ovvero il partito di Renzi. Ora, anche quel campo politico è arrivato al capolinea e si tratta, pertanto, di ripartire dalle fondamenta. Certo, per l’ex centrodestra le cose sono radicalmente diverse per la semplice ragione che da quelle parti esiste un partito come la Lega che ha un leader riconosciuto, un progetto politico chiaro e definito e un consenso in costante e progressiva ascesa. L’esatto contrario di quello che avviene nel Pd.

Ecco perché le ormai prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo - importanti anche e soprattutto per la valenza politica che assumono in questa fase storica e per il potenziale cambiamento della geografia politica nel vecchio continente - possono e devono diventare il “laboratorio” per avviare una stagione nuova per il campo dell’ex centrosinistra. Con simboli nuovi, con progetti nuovi e con movimenti e partiti altrettanto nuovi. Un esperimento che deve registrare la “discesa in campo” di quelle identità politiche e culturali - a cominciare da quella cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale - che in questi ultimi anni sono state sacrificate sull’altare di alcune parole d’ordine come la “rottamazione”, il “pensiero unico” e la “volontà del capo” di turno. Del resto, pensare di riproporre simboli e partiti che sono stati ripetutamente sconfitti dai cittadini sarebbe un’operazione masochistica e politicamente incomprensibile. È meglio pensarci prima che sia troppo tardi.

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