La causa della libertà

L'immensa quantità di regole che governa le nostre vite svilisce la nobile funzione del diritto, inducendo purtroppo molti a considerarlo non come il quadro di norme, astratte, generali e non necessariamente scritte, che fanno da cornice al libero svolgimento delle attività umane, ma come un sinonimo di scocciatura, burocrazia, scartoffia.

 

Eppure, il diritto sarebbe una cosa molto più seria e, riportato alla sua funzione più alta, costituirebbe un argine agli abusi del potere, non il frutto dei suoi deliri di onnipotenza.

 

Ce lo ricordano una serie di iniziative di questi giorni, che restituiscono al diritto un po' di buona reputazione: si tratta di tentativi di portare in tribunale le varie autorità responsabili del collasso della nostra economia, chiamandole a rispondere davanti a un giudice delle proprie malefatte, visto che "con le buone" non sembra che si riesca a ottenere molto.

 

Una delle più affascinanti viene dal Piemonte: l'Associazione Nord-Ovest 2020, nata a Cuneo un anno e mezzo fa e raggruppante una serie di imprese e professionisti di tutto il Nord-Ovest, ha promosso una causa davanti al Tribunale di Roma in cui chiede alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dello Sviluppo economico il risarcimento dei danni subiti per via del ritardo nel rimborso dei crediti IVA. Tutti coloro che si trovino ad aver patito tali danni sono invitati ad unirsi alla capofila della causa, l'azienda lattiero-casearia Inalpi di Moretta (Cuneo), e cercare giustizia insieme a lei. È molto utile tenere il fiato sul collo all'amministrazione pubblica con iniziative come questa, perché i 2,2 miliardi di rimborsi promessi in questi giorni diventino realtà, e perché in futuro non si accumulino più ritardi come quelli contro cui Nord-Ovest 2020 ha reagito.

 

Una logica simile ispira un'altra serie di azioni giudiziarie che saranno invece lanciate il 15 maggio prossimo a Roma dall'Associazione Nazionale Costruttori Edili, sotto il nome di D-Day. La "D" sta per decreto ingiuntivo: infatti i promotori, che hanno eseguito appalti pubblici di lavori per pubbliche amministrazioni statali e locali, non se li sono mai visti pagare, e stanchi del ritardo intendono ora passare alle "vie legali", e chiedere la condanna dei loro debitori a pagare finalmente il dovuto.

 

Sotto altro versante, è accomunata dalla volontà di alzare la testa contro quello che si ritiene essere un sopruso dell'autorità anche la raccolta fondi che alcuni accademici hanno attivato per pagare le spese legali di un ricorso al Tar contro un concorso universitario da ricercatore da cui era uscito vincitore «il candidato che, secondo ogni possibile, ragionevole e legittimo criterio di valutazione avrebbe dovuto essere escluso dal novero dei possibili vincitori».

 

Non si tratta affatto di iniziative soltanto simboliche: ad esempio è di pochi giorni fa una sentenza del Giudice di Pace di Roma che dichiara nulla un'ipoteca che Equitalia, seguendo una prassi per nulla infrequente, aveva iscritto in modo palesemente illegittimo, in quanto il debito fiscale era inferiore alla soglia minima per cui è prevista l'espropriazione immobiliare. E in questo caso, Equitalia è stata giustamente condannata a pagare pure le spese.

 

E come queste vi sono molte altre "cause" simili, a cui non si può che augurare la massima fortuna, a cominciare dalla battaglia dell'imprenditore agricolo Giorgio Fidenato contro l'obbligo di sostituto d'imposta, di cui abbiamo parlato due settimane fa, o da quella annunciata dai centri massaggi cinesi contro un regolamento torinese liberticida, di cui ci siamo occupati qualche settimana prima.

 

Purtroppo il sistema giuridico italiano è meno fertile di altri alla diffusione di "cause per la libertà", che spesso sono di carattere costituzionale: mentre in altri ordinamenti, come tipicamente la Germania, la Spagna e alcuni Paesi sudamericani, è previsto un accesso diretto al giudice costituzionale, in Italia Fidenato si scontra con l'impossibilità di arrivare a far pronunciare la Corte costituzionale sulla sua questione, in assenza di un giudice che chieda alla Corte di farlo.

 

Meglio ancora va in quei sistemi dove qualunque giudice può dichiarare una legge o un atto contrario alla costituzione, come gli Usa (dove infatti nasce una perla come l'Institute for Justice), e per certi versi l'India (dove si sviluppa una public interest litigation, che si presta anche a promuovere ragioni diverse da quelle della libertà individuale, ma che è comunque uno strumento in più anche per chi invece quelle ragioni voglia promuovere).

 

Ma anche in assenza di questi rimedi, e soprattutto dove non si pongono questioni di ordine costituzionale, è già ampiamente possibile usare le armi del diritto per difendersi dall'eccesso di diritto. Internet e in particolare i blog e i quotidiani online, a cominciare da questo, sono fantastici strumenti di amplificazione di iniziative come quelle descritte: sta agli amanti della libertà sfruttarli al meglio per difendere e promuovere le proprie ragioni. Almeno finché i governi non guasteranno anche questa oasi di libertà!

 

Cose inaudite.

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