PIAZZATE

Sì Tav, comizio di Giachino e il Pd finisce giù dal palco

Alla faccia della manifestazione "apartitica". L'ex sottosegretario di Forza Italia è l'unico politico a intervenire sabato dal pullman. Il dem Carretta: "Inopportuno". E l'8 dicembre scendono in piazza i No Tav

“Il risultato è già enorme”, ma previsioni non se ne fanno. Con questa frase è terminata la conferenza stampa convocata dalle “madamin” animatrici del gruppo “Sì, Torino va avanti” insieme a Mino Giachino, l’ex sottosegretario ai Trasporti dell’ultimo governo Berlusconi. Sabato mattina alle 11, davanti a Palazzo Madama in piazza Castello si ritroverà a concionare i dimostranti della prima manifestazione popolare a favore della Torino-Lione. «Non devono esserci bandiere politiche - ribadisce Giovanna Giordano Peretti -. Se arrivano bandiere chiederemo garbatamente di toglierle. Se arrivano provocatori ci saranno le forze dell’ordine». Gli unici vessilli ammessi, continua lei, saranno quelli dell’Italia e dell’Europa. E una spruzzata di arancione, colore che contrassegna materiali e gadget (spillette) dell’iniziativa.

Nessun simbolo politico, ma Giachino sì, nel senso che l’ideatore della petizione lanciata in rete sarà uno dei pochi oratori che interverranno dal pullman scoperto (tipo quelli usati per le visite guidate della città) che servirà da palco. «Parleremo io, Giovanna Giordano e Patrizia Ghiazza. Se il tempo lo permetterà anche un operaio e un giovane - spiega dopo l’incontro con i giornalisti -. Lo faccio a nome di SìLavoro, non in veste del partito», precisa Giachino il cui profilo è evidentemente politico visto che si tratta di uno degli animatori dei club Forza Silvio.

«È inopportuno – commenta Mimmo Carretta, segretario del Pd metropolitano che segue le sorti di questa manifestazione senza voler mettere il cappello del partito –. Questa mobilitazione deve mantenere lo spirito degli inizi, senza bandiere e politici. Dovrà soltanto dimostrare la spaccatura tra l’amministrazione e la città: Chiara Appendino è stata capace di mettere d’accordo imprenditori e operai».

Nonostante la forte chiamata alle armi, il tam tam sui social, l’adesione di associazioni datoriali e sindacali, partiti e movimenti, gli organizzatori non vogliono fissare preventivamente un obiettivo numerico né fare progetti più a lungo termine: «Molti partecipanti scenderanno dalla Val di Susa dove si sentono ostaggio», annuncia la Peretti. Giachino coglie la palla al balzo: «Dai No Tav arrivano attacchi e minacce varie. Noi non rispondiamo», aggiunge per poi ribadire che «senza Tav tutto il resto non vale niente, non è una merce di scambio, ma un’opportunità per rilanciare l’economia e il lavoro». La linea delle “madamin” è leggermente diversa: il loro Sì alla Torino-Lione è forte, ma su molti altri aspetti critici dell’amministrazione cittadina si dicono disposte al dialogo con Appendino. «Vogliamo portare in piazza la compostezza, vogliamo una manifestazione pacifica – dicono le promotrici di questa "rivoluzione garbata, corretta", come la definiscono –. L'importante è essere presenti senza urlare, non è il momento di urlare e possiamo essere un laboratorio per lanciare un paradigma nuovo che possa andare al di là di Torino».

L’8 dicembre, invece, ad alzare i toni sarà la parte avversa, quella che da decenni contesta l’alta velocità Torino-Lione. Nella data “storica” dell’epopea del movimento – giornata che ricorda la “liberazione” di Venaus nel 2005 dopo gli scontri con le forze dell’ordine davanti al cantiere – le bandiere col treno crociato invaderanno Torino, con tutto il tradizionale armamentario da guerriglia.

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