TRAVAGLI DEMOCRATICI

Marino non convince e perde pezzi

Non sortisce l'effetto desiderato (dal candidato renziano) l'incontro tra i tre sfidanti delle primarie Pd. Canalis conferma il sostegno a Furia. Fassiniani in transito verso Zingaretti tentati dal ricercatore biellese. Incognita su quanti delegati si presenteranno in assemblea

Due ore e mezzo uno di fronte all’altro per certificare quello che di fatto già si sapeva: l’asse tra Paolo Furia e Monica Canalis regge, Mauro Marino resta minoranza, almeno nei numeri emersi dalle primarie. Semmai la novità è che a intervenire in questa appendice di congresso regionale sono le dinamiche nazionali in uno scenario che certo non aiuta la pattuglia renziana in ambasce, con i fassiniani pronti a staccarsi definitivamente e convergere in blocco (o quasi) su Nicola Zingaretti, di cui il ricercatore biellese è l’emanazione in Piemonte.

Nelle sede elettorale del senatore torinese di via Ormea i tre sfidanti delle primarie regionali si sono incontrati alle 15. L’invito è stato inoltrato ieri dopo che Marino ha ottenuto il mandato a tentare il tutto per tutto dai colonnelli che lo hanno sostenuto (almeno formalmente) alla conta di domenica scorsa. L’ultimo disperato tentativo per ricomporre le tre anime del partito attorno alla sua figura. Fin dall’inizio, però, è stato chiaro come la proposta sia giunta fuori tempo massimo. Dopo le strette di mano, i convenevoli del caso e un’analisi su quel che è stato, Marino ha capito subito di avere di fronte due persone che rappresentavano un unico interlocutore. Il ricercatore biellese, esponente della sinistra dem e secondo classificato alla conta di domenica con il 36 per cento dei voti è un tutt’uno, almeno in questa fase, con la cattolica Canalis e il blocco  di delegati frutto del 22,5 per cento dei suoi voti: insieme hanno (sulla carta) 240 delegati su 414. Quelli di Marino sono circa 170, sempre in teoria, giacché resta un’incognita quanti di questi si presenteranno in via Masserano il 29 dicembre, tra Natale e Capodanno, giorno in cui è stata fissata l’assemblea e in cui peraltro i deputati saranno bloccati a Montecitorio per l'approvazione della manovra finanziaria del governo: chiederanno di rimandare l'assemblea, gli verrà risposto di no. 

Il candidato renziano ha messo sul tavolo la disponibilità a una gestione in solido unitaria, offrendo la disponibilità a condividere anche ruoli strategici come quello del tesoriere, oltre a offrire per i due la carica di vice. Ma non è bastato. La sensazione è che, arrivati a questo punto, l’epilogo più probabile è che Furia possa ottenere non solo la somma dei delegati suoi e di Canalis, ma pure qualche eletto nelle liste di Marino. Quest’ultimo infatti si è rifiutato di condurre ogni tipo di trattativa legata a una ricomposizione, se non attorno al suo nome: “Credo in una logica maggioritaria secondo la quale chi vince governa” sarebbero state le sue parole, rivendicando per la minoranza solo la presidenza della commissione di garanzia. Pure sulla presidenza dell’assemblea non c’è stato alcun accordo, giacché, come sottolineato da Furia, è una prassi quella di assegnarla alla minoranza e non certo una regola dettata dallo statuto. 

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