Olimpiadi, l’altro lato della medaglia

Non ritorno sul delicato e controverso tema della rinuncia alle Olimpiadi invernali del 2026. Un appuntamento a cui qualsiasi amministrazione pubblica o forza politica che guarda al futuro e non si compiace del solo passato, avrebbe detto immediatamente di sì. Come si suol dire, senza se e senza ma. Purtroppo a Torino e in Piemonte è passato il no. Pazienza, e per dirla con Renzi, ce ne faremo una ragione. E in effetti ce la siamo fatta. Dopodiché abbiamo assistito al triste balletto dei 29 milioni di euro persi in questi anni di grigia gestione degli enti preposti. 29 milioni frutto di una legge che avevo seguito, e condiviso, con l’allora collega parlamentare Stefano Esposito e altri deputati piemontesi. Un triste balletto perché, alla fine, non abbiamo ben compreso di chi sia la concreta responsabilità nel non averli gestiti e spesi correttamente e proficuamente in quei territori che nel 2006 avevano dato lustro all’intera Italia.

Ora, al di là delle polemiche sacrosante e del tutto legittime, c’è però anche un aspetto su cui non possiamo sorvolare. E cioè, come è stato promosso e gestito il post olimpico nelle varie località. È di pochi giorni fa una dichiarazione del campione di fondo Giorgio Di Centa, portabandiera italiano durante la Cerimonia di apertura dei XXI giochi olimpici invernali di Vancouver 2010, sulla caduta di immagine, di credibilità e di appeal del comune di Pragelato dopo la stagione esaltante di Torino 2006. Una considerazione, questa, ovvia per chi conosce quel territorio ma che diventa giustamente severa quando a pronunciarla è un campione olimpico che sa quello che dice quando parla di comuni e località che hanno ospitato le Olimpiadi o comunque gare di levatura mondale.

Ecco, ho voluto ricordare questo piccolo aspetto perché accanto alle indubbie e sacrosante responsabilità politiche di chi non ha saputo tesorizzare e gestire il post olimpico, ci sono anche altrettante indubbie responsabilità delle comunità locali che si sono limitate a fare da semplici spettatori. Perché se è vero, com’è vero, che Pragelato in questi anni è caduta come immagine e come credibilità complessiva, è altrettanto che a pochissimi chilometri la vicina Sestriere è cresciuta enormemente. Frutto del caso? Del destino? Del fato? Oppure di una seria ed attenta gestione del post olimpico dei suoi amministratori?

Ho voluto solo richiamare questi due esempi ma potrei citare molti altri comuni olimpici del pinerolese e della vicina Val Susa. E gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Quindi, quando parliamo delle Olimpiadi, almeno a mio parere, è sempre opportuno mettere in fila le cose. Certo, perdere o rinunciare alle Olimpiadi è gravissimo. Come è stato grave non spendere i fondi del “tesoretto” destinati ai comuni olimpici destinandoli, invece, ad altro uso. Ed è anche grave, però, non aver saputo o voluto a livello locale sfruttare minimamente il grande vantaggio di aver ospitato nel recente passato l’evento olimpico. Come, giustamente, ha detto alcuni giorni fa il campione olimpico Giorgio Di Centa.

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