POLITICA & SANITA'

Parco della Salute, l'autogol di Chiamparino

Doveva essere il fiore all'occhiello della sua amministrazione, ora si accontenterebbe che non venisse usato contro di lui in campagna elettorale. Come un'operazione brillante e coraggiosa si potrebbe trasformare in un boomerang

Come può un progetto che ha tutte le caratteristiche per essere esibito come un fiore all’occhiello di un’amministrazione per molto tempo incagliata in una difficile opera di risanamento rischiare di trasformarsi, in una manciata di giorni, in un tallone d’Achille tale da offrire il destro alle opposizioni in vista della competizione elettorale? Come è possibile che un investimento complessivo stimato nell’ordine di oltre 500 milioni per la realizzazione di un moderno complesso sanitario, per la cura, la ricerca e la didattica, venga visto con crescente sospetto, dando fiato ai professionisti dello status quo?

Questa mattina l’assessore alla Sanità Antonio Saitta è tornato a illustrare il piano della Regione a Palazzo Lascaris, ha attaccato chi strumentalizza, adombrato l’esistenza di “interessi diversi da quelli della sanità piemontese” ma soprattutto si è ritrovato a difendersi dall’accusa di ridurre i posti letto per i piccoli pazienti. Numeri alla mano, ha cercato di scacciare ogni fantasma risvegliato dalle opposizioni in questi giorni di becera quanto abile strumentalizzazione, iniziata con la petizione on line di Andrea Tronzano (Forza Italia) per “salvare” l’ospedale Regina Margherita e che culminerà con le due distinte mobilitazioni organizzate da centrodestra e Movimento 5 stelle.

Saitta ha ripetuto che il solo adeguamento delle strutture esistenti (Molinette, Regina Margherita, Sant’Anna e Cto) comporterebbe una spesa di 366 milioni. Per non contare i costi di manutenzione ordinaria che si aggirano attorno ai 20 milioni l’anno, cui se ne aggiungono altrettanti, in più, per le utenze, a partire dal riscaldamento, vista la dimensione eccessiva di strutture ormai vetuste in cui vengono impiegati 250 metri per posto letto, rispetto agli standard odierni che ne prevedono 130. Insomma, ogni anno la Regione “butta” 50 milioni di euro per tenere in piedi dei mausolei del secolo scorso, monumenti allo spreco (finanziario ed energetico) che in qualunque analisi costi-benefici non possono che avere un unico destino, essere “superati”.

Nel suo intervento è stato il grillino Giorgio Bertola a spiegare la genesi di una mobilitazione tanto sentita quanto immotivata: “Gli stimoli sono venuti da fuori – ha spiegato –. Abbiamo ricevuto centinaia di messaggi di cittadini. Persone che incontro per la strada, preoccupate, sindacati di medici e infermieri preoccupati”. E d’altronde è cosa nota che tra i camici bianchi del Regina Margherita da mesi covi la preoccupazione per quel che sarà, per la prevista riduzione dei posti letto dagli attuali 286 a 140. Dubbi e timori che passano di bocca in bocca, che si autoalimentano soprattutto in assenza di elementi di mediazione in grado di bloccare un ansiogeno telefono senza fili.

Lo ha illustrato bene oggi Saitta che il Parco della Salute sarà destinato esclusivamente ai casi di alta complessità, quelli più gravi. Ha spiegato che, se fino a oggi l’offerta sanitaria si è fondata su una serie di ospedali monospecialistici, presto i presidi verranno suddivisi in base al livello di complessità degli interventi. Per questo il Parco della Salute avrà meno posti letto, oltre al fatto che ormai i tempi medi di degenza, grazie alle tecnologie sono sempre più contenuti, motivo per cui dei 286 posti letto disponibili al Regina Margherita ne vengono occupati circa 190, con picchi che raramente superano i duecento. “Quegli ospedali che sono stati progettati e realizzati con vecchi standard, come quelli di Verduno e Biella, oggi saranno utilizzati solo in parte e costeranno un milione in più all’anno per gestirli” attacca Saitta. Tutte cose che forse andavano spiegate prima, sedando sul nascere la fiammella del dubbio, poi divampata grazie ai secchi di benzina lanciati da una parte dei sindacati e dalle opposizioni.

È qui che, secondo i più, è mancato il lavoro di Saitta, così come mancò durante la revisione della rete ospedaliera e l’approvazione della dgr 600, quando Sergio Chiamparino si ritrovò alle prese con decine di sindaci (pure del Pd) imbufaliti per i tagli previsti dalla riforma. Affiancato da tecnici, Saitta era stato scelto non tanto per delineare le politiche sanitarie piemontesi – per molti aspetti “obbligate” dal Tavolo Massicci – quanto per far digerire decisioni impopolari agli amministratori e agli operatori. Una sorta di cuscinetto, capace per dna democristiano e per lunga corvée di presidente di Provincia, a dialogare, smussare, mediare, spiegare. Bastone e carota. Un colpo al cerchio e uno alla botte, senza perdere di vista la rotta. Un'azione risultata debole. E pare velleitario anche l’ultimo estremo tentativo del governatore nel chiedere di tenere fuori il Parco della Salute dalla campagna elettorale. Quello che lui voleva ergere a emblema dell’efficienza modernizzatrice che avrebbe dovuto connotare il Piemonte sotto la sua spinta. Ora si accontenterebbe di non sentirne parlare. “Forse qualcuno si è fatto guidare da altri interessi, diversi da quelli dalla sanità piemontese e dai suoi pazienti” lascia intendere Saitta. Tradotto: qualche primario teme per la sua poltrona e sta armando questo pandemonio. È probabile. Stupisce che politici tanto esperti non si siano mossi per tempo per evitare che queste polemiche potessero trovare terreno fertile all’interno degli ospedali stessi e tra i pazienti.

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