VERSO IL VOTO

Europee, corsa allo scranno

Per ora tiene banco la competizione regionale, ma nei partiti è iniziata la selezione dei candidati da spedire all'europarlamento. Da Bresso a Bertot, da Cirio a Viotti: ecco i piemontesi che prenotano un biglietto per Strasburgo

Uno sguardo alle europee, ma ancora di sfuggita. È questa la sensazione che dà la politica piemontese, senza troppe differenze tra uno schieramento e l’altro. Le elezioni cui Romano Prodi attribuisce un ruolo decisivo, al pari di quelle italiane del 1948, e che, senza dubbio, si annunciano come le più politiche della storia europea sembrano passare, in un certo senso, in secondo piano rispetto all’appuntamento con le urne per dare il prossimo governo al Piemonte.

Il fatto che il voto sarà contestuale il prossimo 26 maggio, data assai probabile, accentua la maggiore attenzione alle questioni di casa, anche se molte di queste sono legate a filo doppio con l’Europa, incominciando dalla Tav per proseguire con i diversi indirizzi per lo sviluppo economico della regione in senso più o meno sovranista, senza tralasciare il tema caldo dell’immigrazione.

Meno politicamente alta, ma non per questo meno complicata, è forse una delle altre ragioni: la difficoltà, salvo alcuni casi, nell’individuare i candidati per la corsa verso Strasburgo e i posti disponibili che il Piemonte deve giocarsi, nella dura partita delle preferenze, con le altre regioni della circoscrizione Nord-Ovest, soprattutto con la Lombardia.

Nel centrosinistra non può che pesare la variabile Calenda: l’ex ministro dello Sviluppo Economico prosegue con il suo progetto Siamo Europei, accreditato in una simulazione dell’Istituto Cattaneo di una percentuale attorno al 22%. Ieri Carlo Calenda che nell’ipotesi di una sua candidatura pare opterebbe proprio per il Nord-Ovest produttivo – e questo è ulteriore elemento di riflessione e forse allarme per alcuni candidati piemontesi – ha aperto al simbolo del Pd, non mancando tuttavia richiamare alla qualità delle figure da proporre per l’Europa: “Il Pd deve rimanere, io non credo a quelli che dicono leviamo il logo del Pd – ha detto – bisogna mettere in lista anche chi ha il logo ma con liste a prova di bomba. Perché le liste Pd alle politiche erano di qualità talmente scadente che hanno contribuito al risultato".

Con l’incognita Calenda e le ulteriori variabili legate all’esito del congresso nazionale, il Pd dal Piemonte pare ad oggi intenzionato a non cambiare la squadra europea, ovvero ricandidare dopo una legislatura Daniele Viotti e riproporre Mercedes Bresso per quella che sarebbe la terza legislatura in Europa dell’ex presidente della Regione, che da tempo riveste ruoli di primo piano, tra cui quello di vicepresidente del gruppo dei Socialisti e Democratici, e competenze di rilievo in ambito dell’Unione. Corsa assai meno facile di quella del 2014 per Viotti, strada un po’ in discesa per l’ex zarina anche se molto dipenderà da chi il Pd schiererà in Lombardia e nelle altre regioni, magari individuando qualche figura di livello nazionale da mandare a Bruxelles.

Il gioco imposto dalle preferenze, potrebbe finire con il far concentrare il più possibile i consensi su un nome secco per evitare che tra i due concorrenti goda un terzo al di fuori del Piemonte.

Se, come pare, +Europa starà fuori dal listone calendiano, la sua lista potrebbe aprirsi, come anticipato nei giorni scorsi dallo Spiffero, con il nome di Elsa Fornero. L’ex ministra torinese del governo di Mario Monti, fortemente voluta in Europa da Emma Bonino, potrebbe tuttavia concorrere al fronte antisfascista e contro l’avanzata sovranista anche nel caso il partito di Benedetto Dalla Vedova dovesse rivedere le attuali posizioni rispetto alla proposta di Calenda.

Guardando al centrodestra, se Forza Italia è ancora in alto mare per quanto riguarda la scelta del candidato governatore del Piemonte, sembra navigare a vista anche per l'individuazione della figura da portare nel Parlamento Europeo. O forse il problema è già stato, pressoché, risolto in una delle ultime riunioni del ristretto cerchio di Palazzo Grazioli dove Silvio Berlusconi e Antonio Tajani, preso atto delle difficoltà (soprattutto con l’alleato leghista) di tenere il punto su Alberto Cirio come competitor di Sergio Chiamparino avrebbero deciso di prenotare un altro biglietto per Strasburgo a nome del politico albese.

Sempre più lontana l’ipotesi regionale, Cirio non potrebbe trovare garanzia dai possibili effetti della legge Severino (nell’ipotesi di una condanna, anche solo in primo grado, per la vicenda della Rimborsopoli per la quale ancora non si sa se sarà rinviato a giudizio o sarà chiesta l’archiviazione) e quindi l’Europa appare come l’unica strada possibile per lui. Dovrà ripetere il successo di preferenze del 2014 in un quadro assai diverso e certamente peggiore per il suo partito. Se poi, come pare ormai certo, Berlusconi sarà capolista in tutte le circoscrizioni e contando su un’opzione diversa dal Nord-Ovest da parte del Cav, l’attuale europarlamentare dovrà cercare di arrivare possibilmente al secondo posto, impresa non facile guardando alla Lombardia dove non c’è più Stefano Maullu passato a Fdi, ma resta miss preferenze Lara Comi. Cirio cercherà di rafforzare ulteriormente il suo link con la Liguria e in particolare con il governatore Giovanni Toti, sempreché questi resti in Forza Italia, pur in posizione sempre più critica.

Sforzi dei Fratelli d’Italia piemontesi su Fabrizio Bertot. L’ex sindaco di Rivarolo Canavese, punta a tornare dopo una pausa in Europa e i dati che attestano una crescita costante del partito di Giorgia Meloni, gli attribuiscono chance sul fronte sovranista.

Chi non ha troppi problemi di poltrone virtualmente prenotate a Strasburgo è, secondo i sondaggi e gli ultimi risultati elettorali, la Lega. Matteo Salvini punta a portare dal Nord-Ovest sei o sette suoi uomini e donne. Gran parte di essi arriverà dalla Lombardia e al Piemonte ne viene attribuito con certezza almeno uno. Chi sarà, il Carroccio del Capitano non lo ha ancora deciso. Sono girati i nomi dell’ex deputato biellese Roberto Simonetti, così come quello dell’altro ex parlamentare Stefano Allasia. Restano nel taccuino insieme a quello dell’attuale senatore cuneese Giorgio Bergesio, anche se il candidato ideale per il Piemonte la Lega lo avrebbe avuto a Novara: non è un mistero che i vertici del partito, a partire dal segretario regionale, Riccardo Molinari, e quello nazionale avrebbero voluto Massimo Giordano.L’ex assessore regionale ha però declinato l’offerta: attende di uscire definitivamente dalla lunga inchiesta giudiziaria avviata oltre cinque anni fa dall’allora procuratore della Repubblica di Novara Francesco Saluzzo per presunti episodi corruttivi.

Tra i nomi su cui la Lega sta ancora ragionando c’è pure quello dell’attuale capogruppo in Consiglio regionale, Gianna Gancia. Chi pensa male e talvolta ci azzecca spiega la possibile candidatura della leghista ribelle come un modo per allontanarla dal Piemonte che la Lega punta a governare. Certo per l’ex presidente della Provincia di Cuneo non sarebbe proprio una punizione, tantomeno un esilio poco dorato. I contatti con lei sarebbero in corso, anche se tra i maggiorenti c’è chi dopo le sue intemerate non gradirebbe averla né in via Alfieri, nè a Strasburgo. Si vedrà. Anche nel Carroccio la selezione è ancora in corso e l’incertezza accomuna la Lega a quasi tutti gli altri partiti.

Di certo c’è che la modifica della legge elettorale per le Europee, annunciata come quasi certa alcuni mesi fa, è stata accantonata. Si sarebbe passati al sistema delle liste bloccate, come accade in molti altri Paesi. Invece niente capolista e posti più o meno blindati. A decidere saranno ancora le preferenze. E la differenza, anche in termini di risorse economiche da investire, non è affatto di poco conto.

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