POLVERE DI (5) STELLE

"No alla Tav altrimenti addio M5s"

Mentre nel Governo si cerca un compromesso, il senatore grillino Airola spara la sua bordata: "Sarebbe un tradimento, pronto a prendermi il simbolo". Il premier Conte chiede un supplemento di analisi alla Commissione Ponti

Sulla Tav “non ci sono spazi di contrattazione. O il M5s dice no oppure sarò io a dire ciao al Movimento”. Non lascia spazi a compromessi di sorta il senatore grillino Alberto Airola. Il parlamentare piemontese ha fatto della battaglia contro l’alta velocità Torino-Lione una delle stelle polari della sua azione politica e non le manda a dire alla Lega, che sul tema cerca una mediazione con il Movimento 5 Stelle. “Non so quanto questa vicenda possa essere legata alle elezioni - osserva -. Credo che il Carroccio su questo tema voglia fare campagna elettorale, in modo un po’ becero a mio avviso”. Il ministro grillino delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, oggi ha annunciato che “entro la prossima settimana” il governo prenderà una decisione per sciogliere definitivamente il nodo Tav. Il sottosegretario leghista Armando Siri ostenta fiducia e assicura: “Stiamo ragionando e stiamo trovando le sintesi giuste per fare il bene del Paese. Non vedo gamberi nel governo, gente che torna indietro”.

Airola però non vuole sentire ragioni: “Toninelli è sicuramente in difficoltà perché la Lega insiste” ma “è giusto porre un punto fisso perché, come ho detto milioni di volte, il Tav è una cosa che abbiamo sempre osteggiato: non si fa e basta, spazi di manovra non ce ne sono”. Ma se il M5s dovesse aprire una trattativa, lei come si comporterebbe? “In quel caso me ne vado dal Movimento. E sono convinto che me ne vado col simbolo. Sarò più meritevole di loro di portare il simbolo del M5s se si apre una trattativa”, risponde Airola.

Se il Movimento 5 Stelle dovesse lasciare spiragli per un dialogo, dice Airola“si schianterebbe definitivamente. Non sarebbe più 5 Stelle, perderebbe la fiducia del popolo, la sua identità”. Soprattutto in Piemonte. “Noi - insiste il senatore torinese - siamo entrati nelle istituzioni grazie ai valsusini: uno dei primi eletti del M5s è stato Davide Bono nel 2010, col 3% alle regionali, grazie ai voti della Valsusa. Beppe Grillo si è preso anche una denuncia per quella battaglia. Per me non si transige”.

Eppure nonostante questi “allert” nel Governo gialloverde si fa largo l’ipotesi di una mediazione. Il vertice decisivo sulla Tav ci sarà solo la prossima settimana ma l’exit strategy pare delinearsi: avviare i bandi per l’opera, inserendo una clausola sospensiva in modo da poter in ogni momento tornare indietro. Così non si perderebbero i 300 milioni dei fondi europei e non si penalizzerebbe a livello finanziario Telt - la società metà francese e metà italiana responsabile della realizzazione dell’opera - che l’11 marzo terrà un Consiglio d’amministrazione proprio per decidere il da farsi. L’avvio dei bandi potrebbe in ogni caso lasciare mani libere all’esecutivo, far prendere tempo alla maggioranza affinché si trovi un accordo e allo stesso tempo permettere un confronto aperto con la Francia e la Commissione europea.

Ma è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha deciso di intestarsi in prima persona la partita. Chiedendo un supplemento di analisi sui costi e benefici dell’Alta velocità e proseguendo un'interlocuzione con gli enti locali e con tutti gli attori coinvolti sul tema della Torino-Lione. Attivandosi per la costituzione di un nuovo progetto che ridimensioni l’infrastruttura e soprattutto i costi. Si tratterebbe, a quanto riferiscono gli stessi autori della valutazione, di aggiungere un allegato all’analisi principale “che abbatte di circa la metà l’eccesso di costi passando da 7 a 3,5 miliardi, perché si considerano solo le spese che sosterrà l’Italia”. Secondo le indiscrezioni l’opera avrebbe un saldo negativo di 3,5 miliardi, ma comportando penali per 1,7, costi di adeguamento del Frejus per 1,5 e di chiusura dei cantieri per 400 milioni, il totale è di 3,6 miliardi. Quindi, se pur di poco converrebbe di più farla che bloccarla.

Il no di Palazzo Chigi, riferiscono fonti parlamentari della maggioranza, sarebbe su questo piano adesso in discussione. La strada di cambiarlo senza “abbatterlo”, nella consapevolezza che in ogni caso occorra comunque fare qualcosa, diventerebbe la via d’uscita per evitare ritorsioni dell’Europa e conflitti con il mondo delle imprese. In un incontro oggi a Torino è stato lo stesso Marco Ponti, il professore che ha guidato la commissione responsabile dell'analisi costi benefici a confermare lo studio aggiuntivo richiesto dal premier.

Fonti informate sul dossier ammettono che è assolutamente prematuro parlare di intesa ma l’obiettivo è quello di sciogliere il nodo al più presto. Per avere almeno 8 mesi di tempo per costituire un progetto alternativo. Nel partito di via Bellerio si auspica che non si fermi l’avvio dei bandi di gara e che il Movimento 5 stelle faccia cadere il muro eretto finora. Grillo, Di Battista e una gran parte del Movimento considera l’opera inutile e dannosa, da qui le fibrillazioni interne in M5s, con l’ala ortodossa in particolar modo sul piede di guerra.  Nel frattempo il governo punta ad accelerare sulla necessità di sbloccare i cantieri per poi lasciare gli altri dossier sospesi. E la cosiddetta mini Tav è considerta dal partito di Salvini una buona soluzione di mediazione: altrimenti, fanno sapere in serata, non resterebbe che percorrere la strada del referendum, anche nella modalità di consultazione popolare proposta dal governatore Pd Sergio Chiamparino.

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