Greta e la fine del mondo

Il futuro è dei giovani, delle nuove generazioni che muovono i primi passi su questo mondo. Una considerazione banale che ha preso una concretezza granitica lo scorso venerdì 15 marzo, in seguito alle grandi manifestazioni studentesche convocate a difesa dell’Ambiente.

Da molto tempo non si assisteva a una così vasta partecipazione ai cortei di piazza. In tutta Europa, contemporaneamente, decine di migliaia di studenti hanno deciso di chiudere i libri di scuola, con lo scopo di rammentare, soprattutto a coloro che maldestramente reggono le sorti del pianeta, che la Vita è un bene raro quanto prezioso. 

L’ora “X”, ossia il punto di non ritorno che annuncia l’irreversibilità dell’agonia terrestre, si avvicina inesorabilmente. L’eredità destinata agli adulti di domani e consegnata loro da quelli del presente e del passato è un “lascito-pacco”. Il nostro testamento infatti include esclusivamente mari inquinati da tonnellate di plastica, un’aria resa tossica dalla presenza massiccia di gas e di metalli pesanti, un buco nell’ozono non più contenibile poiché in continua espansione e un numero crescente di specie in estinzione (sia della flora che della fauna).

I cittadini del futuro prossimo si troveranno a vivere la loro esistenza su una terra arida e moribonda, priva di risorse, specie animali e verde: un pianeta pronto alla settima estinzione di massa. Un’estinzione, questa volta, davvero peculiare, curiosa, poiché frutto di un suicidio collettivo. Nei tempi remoti la parola "fine" alla Vita è stata sentenziata da eventi catastrofici naturali: ciclopiche eruzioni vulcaniche che hanno oscurato il cielo per secoli, oppure l’impatto al suolo di gigantesche meteore. Al contrario questa volta toccherà all’essere umano il compito di distruggere se stesso insieme a tutto il Creato, affidandosi anima e cuore alla catastrofe più devastante di tutte: il capitalismo senza freni.

La speculazione, da cui deriva lo sfruttamento di tutti gli esseri viventi e della Natura stessa, sta generando conseguenze globali e climatiche drammatiche, i cui effetti sono in buona parte già visibili. Effetti del nostro agire pari solamente agli stravolgimenti epocali che hanno segnato, con enormi cicatrici, la storia geologica del pianeta. Salvare il mondo significa indubbiamente affrancarsi dalla devastante ideologia neoliberista mondiale, uscire dal giogo del mercato che secondo gli economisti occidentali regola tutto, ma anche dall’egoismo infantile che caratterizza pesantemente la nostra specie. 

Un percorso verso la salvezza posto in pericolosa salita, come evidenzia l’elezione ai vertici dei loro Stati di antiambientalisti del calibro di Trump o Bolsonaro, e che prende sempre più l’aspetto di una vera e propria lotta di liberazione mondiale. 

Non è infatti un caso l’enorme riscontro avuto dalle parole lapidarie della giovanissima Greta Thunberg, la studentessa svedese che ha fatto breccia nel cuore dei suoi coetanei con discorsi appassionati a difesa della comunità planetaria, e non è neppure casuale la scelta della colonna sonora dell’immensa manifestazione ambientalista di venerdì scorso: una “Bella Ciao” di cui è stata mantenuta la melodia adattandone invece il testo per trasformarlo in un inno internazionale per l’Ambiente (la sua realizzazione è frutto del lavoro di alcuni creativi studenti turchi di Istanbul).

"Dobbiamo costruire un futuro migliore e dobbiamo iniziare proprio ora", recita la strofa della canzone un tempo dedicata alle mondine e poi in seguito alla Resistenza. In Italia tutti i media, salvo rare eccezioni, hanno voluto sposare gli slogan gridati dagli studenti nelle piazze d’Europa.

Nessun giornale ha ignorato le grandi manifestazioni a favore dell’Ambiente, anche se alcuni direttori compiaciuti hanno ritenuto utile ospitare (dandone rilievo in prima pagina) gli insulti diretti alla giovane Greta: invettive espresse da personaggi pubblici seduti su poltrone privilegiate (giornalisti e politici) e di potere; parole oscene nate da menti in piena sintonia con il rigenerato fascismo mondiale. 

Un’immensa ipocrisia mediatica di chi da una parte tesse le lodi del neonato movimento studentesco, mentre dall’altra esalta il Tav, lo sviluppo economico a tutti i costi, le trivelle in mare e gli imprenditori che speculando su tutto per il “bene del Pil”.

Conseguentemente comporta un marcato senso di nausea leggere, ad esempio, gli elogi rivolti alla studentessa svedese provenienti da noti esponenti del Pd torinese e poi vedere gli stessi politici scendere in strada per mostrare cartelli recanti la scritta cubitale “Sì Tav”, oppure osservarli nei momenti pubblici in cui sostengono le Madamine e la loro battaglia contro “lo strapotere delle biciclette”.

Definire lo spartiacque tra chi vuole un mondo migliore e chi punta solamente al profitto personale, è atto importante. Gli studenti hanno dimostrato di sapere bene dove si trova il confine tra il bene e il male. Mettere al primo posto il pianeta e i suoi abitanti a scapito del capitalismo selvaggio, e dello sfruttamento delle risorse, è scelta concreta, idonea a dividere il vero progresso dall’oscurantismo opportunistico.

Tutto il resto è propaganda elettorale utile a chi comanda/comanderà il mondo sino alla sua fine.

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