GIUSTIZIA

"Il Palagiustizia non è un covo di veleni"

La procura di Torino è unita, afferma Saluzzo che respinge ombre sull'operato degli uffici. Nessuno scontro o peggio guerre intestine, semmai diversità di vedute "ma la dialettica è la salute e non la patologia"

La Procura di Torino “lavora, in tutte le sue componenti, duramente e correttamente e oggi è unita intorno al reggente, Paolo Borgna, che la sta guidando in maniera esemplare. Non merita di essere letta dai cittadini come un covo di veleni”. Lo sostiene il procuratore generale Francesco Saluzzo, intervenendo con una lunga nota sulla vicenda dell’assegnazione di alcuni fascicoli al pm Andrea Padalino, indagato a Milano per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta torinese per un presunto giro di favori all'interno della procura torinese. “È grave – sostiene Saluzzo in merito alle notizie riportate oggi da alcuni organi di informazione – che si offra l’immagine di una procura spaccata, con contrapposizioni, sostanziali guerre tra fazioni, un gruppo che lavora per vanificare il lavoro di un altro”. Per Saluzzo, la procura di Torino “è ed è sempre stata un ufficio che si è distinto per unitarietà, anche intorno alle figure dei suoi capi”. Certo, prosegue, “vi sono state e vi saranno differenze di vedute, ma la dialettica è la salute e non la patologia”.

Nessuna difformità di vedute tra i vari settori, garantisce Saluzzo. “Sono a conoscenza di tutti gli atti e delle vicende che riguardano le procedure”, osserva Saluzzo, che fornisce una lunga ricostruzione della vicenda per sottolineare “l'assoluta trasparenza dell’operato della Procura”, definendo “tanto gravi quanto infondate le ferite e lo smontare le accuse”. Il procuratore generale cita, in particolare, Paolo Borgna, procuratore vicario ed ora reggente, e il procuratore aggiunto Patrizia Caputo per sottolineare che “alcun rilievo poteva essere mosso a loro né è stato mosso”. “Vi è perfetto parallelismo - dice - tra il contenuto delle relazioni e la ricostruzione dei pubblici ministeri che quelle ricostruzioni hanno poi avuto come traccia e fondamento delle imputazioni contestate”.

In due documenti che si riferiscono all’inchiesta si chiarisce che non c’è nessuna ombra al Palazzo di Giustizia di Torino nell’assegnazione dei fascicoli al pubblico ministero Padalino da addebitare a iniziative dei procuratori aggiunti. Il procedimento è sfociato nella richiesta di rinvio a giudizio per alcune persone (tra cui l’appuntato dei Carabinieri Renato De Matteis e l’avvocato Piefranco Bertolino) e, a Milano, nell’apertura di un procedimento a carico dello stesso Padalino. I documenti sono lettere che i procuratori aggiunti Borgna e Caputo inviarono all’allora capo dell’ufficio, Armando Spataro, tra il novembre del 2017 e il novembre del 2018. Borgna, a proposito delle modalità con cui erano stati assegnati tre fascicoli a Padalino, afferma di essersi sempre attenuto ai criteri organizzativi interni della Procura e che, comunque, non ricordava esattamente le circostanze: si trattava di casi “di non particolare rilievo” e, proprio per questo motivo, era probabile che la scelta fosse caduta su di lui per via del fatto che era stata la sua polizia giudiziaria a raccogliere le denunce. Solo in un caso Borgna rileva che la relativa scheda “fu redatta da una mano diversa da quella dei miei collaboratori” e che è possibile che a compilarla fosse stato lo stesso Padalino. La pm Caputo, nel 2018, riferì a Spataro dell’assegnazione di un fascicolo: “Trovo francamente intollerabile – si legge – questo continuo riferimento, da chiunque esso provenga, a presunte opacità”.

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