Varicella nera

“È valsa la pena?”. Questa domanda ha certamente attraversato la mente di molti tra coloro che hanno celebrato il 25 aprile scorso. Il sacrificio, la morte e la lotta di tanti giovani ha forse un senso alla luce dell’agonia in cui da tempo si dibatte la nostra Democrazia. Innanzi al rigurgito di nuove formazioni neofasciste, che si impongono sempre più all’attenzione della cronaca, si moltiplicano infatti i dubbi sulla capacità delle istituzioni repubblicane nel “blindare” i principi costituzionali quali valori irrinunciabili.

Ritualmente la Festa della Liberazione viene anticipata ogni anno da polemiche e annunci inquietanti. Alle commemorazioni illegali dedicate a Mussolini si accompagnano le tante dichiarazioni di quei politici che prendono le distanze dall’anniversario, ma che si dichiarano immediatamente pronti ad aderire prontamente alla celebrazione del 10 febbraio (ossia la data dedicata alla vicenda, distorta per decreto, delle Foibe in antitesi a quella del 25 aprile).

In questi ultimi giorni di aprile i fascisti, forse rassicurati da un governo in parte “amico”, hanno incendiato statue dedicate a staffette partigiane, bruciato corone di alloro posate ai piedi delle lapidi dei caduti, esposto striscioni inneggianti il Duce: azioni spesso avvenute in pieno giorno e nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto impedirle.

Matteo Salvini durante un comizio tenuto a Torino ha apostrofato con il vocabolo “zecche” coloro che lo contestavano per la sua simpatia mal celata nei confronti di CasaPound. Il Ministro dell’Interno, o meglio al Bar dello Sport, è caduto in una clamorosa contraddizione: per ribattere all’accusa urlata dai manifestanti si è affidato allo stesso termine con il quale i militanti di estrema Destra indicano gli appartenenti ai Centri Sociali. Una sorta di sconcertante confessione da parte del politico padano, che va a sommarsi ai preoccupanti segnali di una pressante voglia di ritorno al passato espressa (più o meno tacitamente) da alcuni esponenti dell’esecutivo Conte (un duro richiamo alla realtà per chi sosteneva la fine della divisione in Destra e Sinistra della politica).

Il ministro leghista ha comunque riproposto una scelta già fatta propria da Silvio Berlusconi nel 1994, quando il Cavaliere “Nero”, nonché premier del primo governo di Centrodestra, annunciò la sua assenza da qualsiasi momento celebrativo dedicato alla battaglia della Resistenza.

Il Fascismo è stato sconfitto dalle sue stesse scelte, dalle Leggi razziali alle guerre di espansione a fianco di Hitler, ma è stato infine fatto cadere grazie alle insurrezioni popolari (non scordiamole mai) e alle azioni militari delle brigate partigiane combattenti nelle città e sulle montagne. Il virus della dittatura non è stato però distrutto poiché esso si è nascosto nel ventre del popolo, oppure nel disagio e nell’ignoranza in cui si dibattono molti italiani.

Manganello, fez e saluto romano sono i sintomi di una patologia che ricorda molto la varicella con le sue fastidiose complicazioni. L’irritante malattia infantile seppur curata non scompare mai davvero dall’organismo poiché si annida tra i suoi filamenti nervosi, pronta a tornare con tutta la sua carica di violenza alla prima debilitazione fisica, sotto forma di “Fuoco di Sant’Antonio”.

Esattamente come il noto herpes zoster, il fascismo può venire improvvisamente in superficie aggredendo il corpo sociale. La malattia purtroppo lascia cicatrici spesso deturpanti il tessuto comunitario nonché un corpo pesantemente debilitato.

Nazionalismo e sovranismo puntano alla loro egemonia culturale nelle società Occidentali, così come in quelle del vicino Medio Oriente. Elementi che insieme al machismo, al razzismo, all’amor patrio portato agli eccessi e alla violenza insita anche nelle affermazioni di chi governa lo Stato, sembrano ideali per riportare ancora una volta in vita la patologia nera.

Il popolo è sempre sensibile alle tesi che lo collocano in una nazione superiore a tutte le altre, cadendo così vittima dell’illusione di potersi sigillare all’interno dei sicuri patri confini. Il concetto nazionalista tuttavia è farcito di inganni. Un esempio in merito lo fornisce la situazione esplosa in Ucraina: luogo geografico dove è nata la Russia stessa e oggi paradossalmente in conflitto con Mosca nel nome di non comprensibili voglie identitarie.

Convincere se stessi di appartenere a una collettività statale superiore ad altre poiché “eletta” è follia pura, così come lo è il dividere le genti per inesistenti razze, colore della pelle o provenienza geografica. Selezionare le persone sulla base di elementi etnici è la premessa all’ossessiva ricerca di un nemico interno: atto utile per poter governare indisturbati la cosa pubblica.

I nemici di oggi sono gli stessi di ieri. Rom, ebrei, omosessuali, progressisti rischiano pestaggi e cacciate esattamente come negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Gli enormi errori compiuti dalla Sinistra istituzionale (e purtroppo anche da quella extraparlamentare) in questi ultimi decenni hanno facilitato il ritorno del Fuoco di Sant’Antonio, così come la produzione di ricche fake news create ad hoc.

Al contrario di quello che si vuol credere, il governo dei fasci da combattimento non ha mai ideato le case popolari e neppure le politiche sociali, mentre il voto alle donne è stato garantito dalla Repubblica, non certo dal Duce. Inquadrare i cittadini per farli marciare con il passo dell’oca non è azione benevola ma controllo sociale portato agli estremi.

Il Fascismo in Italia non è stato sconfitto del tutto, e al pari della varicella è un virus dormiente. Ridurre la rappresentanza democratica per poter risparmiare qualche euro legittima l’idea dell’Uomo forte che da solo risolve tutti i guai della nazione, così come la delegittimazione continua della classe politica a lungo andare favorisce l’insediamento di giunte militari: l’herpes risorge dall’angolino in cui si annidava.

La società ha i suoi anticorpi naturali, occorre solamente riattivarli a difesa della Libertà. L’antifascismo vince a patto che non si limiti alle commemorazioni pubbliche (seppur importanti per tutelare la memoria collettiva) ma sia anche capace, tramite le Istituzioni, di garantire l’attuazione dei principi sanciti dalla Costituzione. Lavoro, dignità dei salari, trasparenza amministrativa e lotta alla corruzione (e alla degenerazione a cui la Politica ci ha abituati) sono buone pratiche politiche che generano il rispetto del principio solidale tra i cittadini, ossia elementi essenziali per sconfiggere il Fuoco di Sant’Antonio sociale.

La Democrazia trionfa offrendo servizi essenziali impeccabili alla propria comunità (quali sono la Scuola, la Sanità e il Welfare), nonché abbattendo ogni forma di immotivato privilegio.

È valsa la pena combattere per la Libertà, lotta che ha garantito comunque oltre 70 anni di pace, così come vale la pena oggi non arrendersi di fronte all’ignoranza.

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