GLORIE NOSTRANE

"Non sono a caccia di poltrone"

La rieletta sindaca Marchionini lo vorrebbe in giunta a Verbania, ma l'ex numero due della Regione Reschigna respinge l'offerta: "È tempo di lasciare spazio a una nuova generazione". E per lui si profila un ruolo dietro le quinte a Palazzo Lascaris

Il suo nome è iniziato a circolare già nelle ore immediatamente successive al ballottaggio. Aldo Reschigna assessore a Verbania, il “Cristiano Ronaldo” di Sergio Chiamparino (è stato lo stesso ex governatore ad affibbiargli il soprannome) che torna laddove tutto è iniziato, nel 1975, quando mosse i suoi primi passi in politica. Consigliere comunale sotto le insegne del Pci, nonostante il papà fervente cattolico, volontario della San Vincenzo e fabbriciere in due parrocchie. “Tutti sono stati importanti – ha detto la riconfermata sindaca Silvia Marchionini – ma una persona è stata fondamentale negli ultimi giorni: Aldo Reschigna”.

Più di un’attestazione di stima per colui che ha lavorato “pancia a terra”, “casa per casa” per la prima cittadina, dal giorno dopo la sua mancata elezione in Regione, dov’era candidato nel collegio quasi impossibile del Vco. Lei lo vorrebbe al suo fianco, “non ne faccio mistero” dice Marchionini, ma lui ha già deciso diversamente: “Quando finisce una fase bisogna prenderne atto” dice allo Spiffero l’ex numero due di piazza Castello, il fautore del risanamento economico della Regione Piemonte, l’uomo dei dossier più delicati di Chiamparino, il pilastro di una giunta che in più di un’occasione ha mostrato segni di cedimento. Quando le pratiche venivano fagocitate dalla burocrazia degli altri assessorati, fatalmente finivano sul suo tavolo. È stato molto più di un semplice assessore.

Non tornerà nella sua Verbania. Una suggestione che Marchionini gli aveva ventilato già nelle due settimane prima del ballottaggio, mentre la rimonta sul centrodestra lentamente iniziava a materializzarsi. L’idea l’ha pure affascinato un po’ ma lui al canto della sirena ha saputo resistere: “Non voglio passare per quello che deve subito trovare una ricollocazione e poi nel Pd verbanese e nelle liste che hanno sostenuto Silvia penso ci siano persone valide a cui bisogna dare la possibilità di emergere” dice.

“Si può fare politica anche senza essere nelle amministrazioni, da semplice iscritto” dice Reschigna mutuando forse inconsapevolmente il precetto francescano secondo cui il priore, al termine del suo mandato, torna frate. Una regola evocata da un altro comunista prima di lui l’ex segretario del Pci Alessandro Natta al momento delle sue dimissioni.     

Sessantatrè anni compiuti ad aprile, Reschigna di Verbania è stato il sindaco, poi consigliere regionale con Mercedes Bresso in piazza Castello e capogruppo a Palazzo Lascaris durante i quattro anni di giunta Cota, infine vicepresidente e assessore al Bilancio nell’ultimo lustro al fianco di Chiamparino. Ombroso, leale, stakanovista. Fumatore accanito, in grado di consumare una sigaretta via l’altra durante le riunioni più delicate, alternandole in ore pasti a barrette e snack che collaboratori filavano a reperire alla macchinetta più vicina. Tra i rimpianti di questi cinque anni ce n’è uno alto 42 piani: quel grattacielo rimasto momentaneamente incompiuto, i lavori incagliati tra fallimenti, ricorsi e beghe legali in cui non è riuscito a districarsi.  

“Si avverte l’esigenza di una fase di rinnovamento, di cambiamento. La vita mi ha dato la possibilità di fare una marea di esperienze, senza mai che fossi io a cercarmele – prosegue Reschigna – ora tante persone che hanno tirato la carretta assieme a Silvia devono avere le stesso opportunità che ho avuto io. Non posso fare da tappo”. Chiusa la porta del Palazzo Civico, potrebbe però riaprirsi per Reschigna quella di via Alfieri: c’è chi ha prospettato per lui, infatti, un ruolo da collaboratore del gruppo Pd, sfruttandone competenza ed esperienza. Una prospettiva che lo alletta? “Vedremo. Se son rose fioriranno”.

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