Non stupitevi di Chiamparino

Francamente mi stupisco di chi si stupisce. Le dimissioni di Sergio Chiamparino, prima annunciate e poi ritirate, da consigliere regionale del Piemonte dopo la pesante sconfitta del 26 maggio scorso non sono affatto una novità. Se non per aver detto prima una cosa e poi farne un’altra. Almeno per poco tempo, pare di capire. Ma, al di là di questo dettaglio contingente e del tutto marginale, quello che conta riaffermare – almeno secondo la mia opinione – è che, per dirla con Veltroni, “dalla politica non ci si dimette mai”.  Almeno come passione civile, impegno concreto e militanza culturale. Dopodiché, la politica – come ovvio e come tutti sanno – è fatta anche e soprattutto di candidature, posti, ruoli da gestire e da indirizzare.  E, sotto questo aspetto, la scelta è sempre discrezionale e legata a singoli episodi, a circostanze specifiche e accadimenti legati alla contingenza. Un dato è certo, però. Sono rarissimi, a livello locale come a livello nazionale, i casi dove un esponente politico si “ritira spontaneamente e volontariamente” dalla battaglia politica in prima linea. I casi, anche in Piemonte, si contano sulle dita di una mano e sono il frutto, il più delle volte, di scelte esterne – o interne – al partito di appartenenza che ti impongono di fare un passo indietro, o di lato. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, come la concreta esperienza dimostra, avviene l’esatto contrario. Com’è il caso specifico di Chiamparino che resta, comunque sia, una riserva politica e istituzionale di grande importanza per il Piemonte, e non solo.

Del resto, la stessa “rottamazione” di Renzi per parlare di ricambio della classe dirigente – che è stato uno slogan efficace per quella stagione politica – era solo uno strumento per eliminare politicamente gli  avversari interni al partito. Un solo esempio concreto: Massimo D’Alema era il nemico numero uno da estromettere e così è stato, mentre Piero Fassino è stato ripetutamente premiato e valorizzato in quanto turbo renziano. Scelte apparentemente inspiegabili se non dettate dalla convenienza momentanea. E si potrebbero fare altri mille esempi a conferma di questa tesi. E quindi, è perfettamente inutile perdere  tempo attorno a temi – come quelli del ricambio della classe dirigente e delle dimissioni spontanee – che sono sempre e solo piegati a logiche politiche e legate a motivazioni contingenti. Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole. Anche in Piemonte.

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