Sull'Iva Tria non ha tutti i torti ma...

Qualche giorno fa il ministro Tria ha suggerito di spostare il peso fiscale dalla tassazione diretta a quella indiretta, ovvero di ridurre la tassazione sui redditi a favore di quella sui consumi. L’idea è stata criticata perché i consumi sono stagnanti e le aliquote Iva già piuttosto alte. In realtà, l’idea al di là della difficoltà di applicazione, ha una sua logica andando nella direzione della semplificazione e della neutralità. Con neutralità intendiamo che la tassazione non introduce distorsioni nei comportamenti economici individuali. Per esempio, una progressività eccessiva come quella italiana, frena gli individui a guadagnare di più, che si accontentano di guadagnare di meno pur di non pagare troppe tasse. Non è un problema che riguarda solo imprenditori e autonomi, ma anche i dipendenti quando hanno la possibilità di fare gli straordinari. Questi ultimi essendo pagati di più, dovrebbero essere sufficientemente incentivanti per i lavoratori, ma a volte facendo scattare l’aliquota progressiva successiva finiscono per essere pagati quanto le normali ore di lavoro, scoraggiando il dipendente che rifiuta di fare delle ore in più. Problema che governi passati hanno cercato di rimediare con misure tampone introducendo la tassazione separata per gli straordinari e complicando ancora di più il già complesso sistema fiscale italiano. Provvedimento non più rinnovato da governi successivi. Invece di risolvere il problema alla radice riducendo le aliquote e la progressività si mettono continuamente delle pezze, che non fanno che complicare il lavoro di commercialisti e contribuenti. Altro esempio è la tassazione degli utili aziendali. Per pagare meno tasse le aziende spendono per acquisti non strettamente necessari pur di abbattere il carico fiscale. Altro caso eclatante, perché ha coinvolto importanti aziende italiane, è il trasferimento della sede fiscale in altri stati per pagare meno imposte.

Questi sono solo alcuni esempi di quanto i comportamenti degli individui possono essere distorti dal loro normale corso a causa di una tassazione sui redditi.

Un’imposizione omogenea sui consumi ė più neutra perché non induce comportamenti distorsivi nei consumatori. In questo modo chi più consuma, più tasse indirette paga e ovviamente chi più spende e anche chi guadagna di più. In questo modo il sistema fiscale si semplifica e gli impiegati statali che a vario titolo si occupano della materia sarebbero molto meno, con notevoli risparmi per le casse dello Stato. Aliquote differenziate sui consumi introducono delle distorsioni nel mercato favorendo i prodotti con più bassa tassazione. Il legislatore tende ad assegnare aliquote basse a beni di prima necessità come il cibo e dato che la quantità di cibo che si acquista è più o meno costante l’effetto distorsivo non è elevato.

Un sistema che partisse da zero potrebbe essere basato su un’unica aliquota Iva e nessuna tassazione sui redditi e sarebbe un sistema molto semplice e molto comodo per il cittadino comune che si toglierebbe l’incombenza della dichiarazione dei redditi. L’idea di Tria non è pertanto sbagliata, ma purtroppo non è di così facile applicazione. L’aliquota Iva ordinaria ė già piuttosto alta e alzarla ancora significherebbe deprimere ancora di più i consumi. Certo l’incremento dell’Iva dovrebbe essere compensato da una corrispettiva riduzione delle imposte sul reddito, ma il problema rimarrebbero i bassi redditi che non beneficerebbero della riduzione delle imposte sul reddito. Ovviamente il problema principale rimane il debito pubblico che impone una rigida disciplina di bilancio che impedisce di fare ulteriore debito. Su quest’ultimo punto c’è da precisare che si è fatto deficit per quota 100 e reddito di cittadinanza e adesso non ci sono i soldi per una seria riforma fiscale che sarebbe stata più utile. Decisioni prese solo per motivi elettorali. Non auspichiamo che si faccia deficit per fare una riforma fiscale, però fare deficit per una riforma fiscale ha più senso rispetto ai due provvedimenti principi di questo governo; teoricamente avrebbero dovuto spingere i consumi, ma non è successo.

In aggiunta alle difficoltà di bilancio c’è la famosa clausola di salvaguardia che se non viene disinnescata impone un aumento automatico dell’aliquota Iva fino al 25,2% dell’attuale 22%. Si potrebbe ovviare a questi problemi di bilancio riducendo le spese dello Stato e con l’alienazione di beni pubblici, ma purtroppo questa strada è preclusa perché in una slide dei Cinque Stelle si parla di oltre 200mila assunzioni pubbliche. Non solo, lo stesso partito invece di puntare sull’alienazione di proprietà pubbliche, vorrebbe procedere a nazionalizzazioni, come quella minacciata delle autostrade. Qui, una parentesi: questo governo ha detto di cotte e di crude contro i Benetton e poi li invoca per salvare Alitalia. Un minimo di decenza non dispiacerebbe.

Il ministro Tria si trova in una difficile situazione per fare quadrare i conti. Un’idea potrebbe essere istituire una no tax area fino a 15000 anche a fronte di un ritocco dell’Iva. Ovviamente se si procedesse anche con la vendita di proprietà statali tenere in ordine il bilancio sarebbe più facile. Ci sono ex-caserme ed ex-ospedali vuoti che stanno marcendo perché non venderli? Non è facile, però se non si inizia è impossibile concludere qualsiasi cosa.

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