POLVERE DI (5) STELLE

Tav e Rai, la resa amara di Airola

Giornataccia per il fumantino senatore M5s. Mentre dà le dimissioni dalla commissione di Vigilanza in polemica con il suo partito che ha chiesto l'abolizione del canone arriva la doccia gelata di Conte. L'autocritica dell'ex collega Scibona: "Sono un c..."

Digerire Fabio Fazio e la Tav, scrivere un sacco di mail al premier e non ricevere neppure un ciao, prender su cappello dalla commissione di vigilanza perché i tuoi manco ti hanno scritto su whatsapp che vogliono togliere il canone e pure lui, Beppe Grillo, che quando gli hai chiesto che si fa sul Tav non ti ha degnato di una risposta.

La vita grama del barricadero scomodo Alberto Airola ha in oggi il suo giorno horribilis. “Ho dato il sangue pur di migliorare il servizio pubblico” dice annunciando il suo abbandono dalla Vigilanza, ma sangue sputa misto a veleno il parlamentare grillino (ma ha ancora senso chiamarlo così, dopo la girata di spalle del garante?) quando l’avvocato del popolo abbandona la causa temeraria e, un po’ Azzeccarbugli e un po’ Don Abbondio, dice quel che si sapeva ma che i Cinquestelle hanno continuato a negare: solo un voto del Parlamento può fermare la Tav e in Parlamento i voti che servono non ci sono.

“Sono affranto” scrive di getto su facebook e non v'è dubbio sia sincero. Sarà pure incazzato e tanto, il Cinquestelle più lontano dalle logiche di governo, più naif e spesso eccessivo nei toni e nelle parole, tanto che quel suo essere “affranto” sembra il coperchio su una pentola pronta a esplodere con ben altre descrizioni del suo sentire e giudizi su chi ha tradito. Sì, perché il senatore che ancora ieri sempre su facebook tradendo giustificati timori avvertiva: “Non credete alle favole. Il Tav si può fermare senza terremoti politici. Basta volerlo”, è il volto della vittima del tradimento. Lui alle favole, raccontate dai suoi, più scaltri e rapidi a gustare e imparare l’arte del possibile e dell’impossibile della politica per rimanervi sulle sedie del potere, ci ha creduto. Figura eccessiva, spesso meritevole di meritate reprimende, ma anche in qualche modo romantica, Airola. Le sue sparate oltre i limiti del buon gusto, le scuse tardive e rappezzanti, ne hanno fatto il volto del grillismo delle origini e, quindi, superato e da marginalizzare per il movimento sempre meno di lotta e sempre più di governo, o meglio di lotta per restare al governo.

Il rumore della porta della commissione di vigilanza sbattuta alle spalle di fronte a quella sortita dell’abolizione del canone non copre le parole usate per spiegare il suo gesto: “Si poteva anche togliere il canone ma non così. Senza una riforma della governance Rai, senza una legge sul conflitto di interessi, trasformandola semplicemente in una tv commerciale e aumentando esponenzialmente la produzione di spazzatura tv". Poi lo sfogo di chi scopre che il telecomando che ha in mano non funziona, perché il programma lo decidono altri: dice di aver capito che “la Vigilanza non serve a nulla, altrimenti non avremmo più Fazio in tv, visto che in passato abbiamo fatto un atto di indirizzo per chiedere alla Rai di non comprare da agenti esterni. Ma queste indicazioni vengono interpretate e gestite come vogliono loro”.

Era rabbia e delusione pura. Poi sono arrivati la bile e lo sconforto ascoltando quello che forse temeva, ma sperava di non dover mai ascoltare del premier Giuseppe Conte. “Se il Tav passa è perché non hanno fatto nulla per fermarlo, compresi Toninelli, il nostro bravo capo politico Di Maio e il nostro Presidente Conte. La responsabilità sarà soprattutto loro perché la strada da seguire era chiara e infallibile”. Un po’, pur non mesta, rassegnazione e un po’ fatwa, ancora affidata a quei social dove rabbia e imbarazzo si mescolano ricordando quell’eloquente descrizione della politica di Rino Formica: sangue e merda.

“Siete delle m…. ed io un c…..e”. Sta forse qui, nella chiosa sintetica ed efficace affidata ai social da un altro Cinquestelle torinese come l’ex senatore Marco Scibona, lo psicodramma di quella parte del grillismo che non ha voluto vedere il cambiamento del movimento, appena assaporato il potere e colta la sua possibile fuggevolezza, aggrappandosi a totem che perdevano puntelli, assai più utili alle poltrone.

“La parola passa alle Camere, noi siamo per il no", dice Luigi Di Maio sapendo che i voti non ci saranno, che la Tav si farà, che tutto andrà come si sapeva. Pur continuando a spiegare l’esatto opposto. E all’Incompreso Airola neppure la consolazione di non vedere più Fazio in tivù. Neppure facendo zapping. Il telecomando che hanno dato in mano a lui e ad altri grillini, al massimo, serve per alzare il volume.

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