Ponte Morandi e la decrescita

A un anno dalla grave tragedia del Ponte Morandi cosa è cambiato? Detto che all’inizio si è perso tempo perché, invece di mettere al centro la esigenza di rimettere al più presto in funzione un sistema economico come quello genovese che vive di trasporto merci e di turismo, i 5 Stelle che gestivano il Mit scelsero la battaglia ideologica-demagogica contro le infrastrutture e il sistema autostradale che sulla vicenda ha sicuramente responsabilità gravi. Per fortuna Genova, prima col commissario Toti e poi con il sindaco Bucci, ma anche con i suoi operatori – dai terminalisti agli autotrasportatori sino agli spedizionieri – ha saputo reagire dimostrando una grande prontezza sia verso le famiglie che abitavano sotto il ponte e che hanno dovuto giocoforza trasferirsi in nuove abitazioni, sia costruendo velocemente nuove alternative stradali.

Genova è stata molto efficiente nel realizzare la viabilità alternativa per garantire efficienza e operatività agli autotrasportatori e ai crocieristi. Per fare un esempio chi arriva da Torino in auto oggi impiega al massimo 15-30 minuti in più rispetto a prima. Buone risposte le sta dando il Decreto Genova portato avanti dall’ex vice ministro Rixi. Un decreto che ristora le famiglie e le aziende danneggiate dal tremendo incidente.

Più complessa la situazione relativa al rapporto tra la società civile, la politica e le infrastrutture di trasporto. La tragedia ha fatto riemergere le posizioni contrarie alle grandi opere che impazzano nella politica da alcuni decenni e rappresentate al Governo dai ministri 5 stelle, che puntavano prima di tutto alla revoca della concessione alla società autostrade, invece di scegliere la strada del buon senso e cioè: la società Autostrade ricostruisca il nuovo Ponte e nel contempo la magistratura portava avanti le indagini per punire i colpevoli.

Si sarebbero guadagnati mesi preziosi. Per fortuna il Commissario Bucci ha gestito con grande efficienza la situazione e ora, completata la demolizione si prevede un anno per la costruzione del nuovo ponte disegnato da Renzo Piano, il grande architetto genovese.

Il punto centrale però sul quale si è rischiato di tornare indietro di decenni è quello dell’importanza delle Grandi opere per il futuro del nostro Paese. Premesso che il nostro Paese ha avuto i suoi momenti di maggiore crescita dell’economia e del lavoro allorquando ha costruito le Grandi Infrastrutture, oggi il punto è che il nostro Paese da vent’anni non cresce più e questo fa sì che i giovani neolaureati siano costretti ad andare a cercare lavoro e futuro all’estero privandoci così delle energie migliori che le nostre famiglie e le nostre Università hanno formato.

Dopo vent’anni di tentativi di riforme, riformine e riformette che hanno dato risultati modesti, l’unico dato positivo è rappresentato dall’aumento delle esportazioni. L’aumento delle esportazioni ci dice che il mercato globale, per un Paese che ha i suoi punti di forza nella manifattura, nel Made-in, nell’enogastronomia e nel turismo, è il grande motore di sviluppo del futuro. Per esportare occorre anche importare. Importazioni ed esportazioni hanno bisogno di infrastrutture moderne, competitive e connesse bene col mercato globale.

Ecco il messaggio di speranza rappresentato dal Movimento Sì Tav che in un anno è riuscito a far crescere nella pubblica opinione l’importanza delle infrastrutture che oggi sono viste positivamente dal 70% degli italiani. Le manifestazioni Sì Tav di Torino sono riuscite laddove non era riuscita la politica. La Tav l’opera che ci connetterà alla rete di trasporti del futuro si farà e per farla si è spaccata una maggioranza di Governo.

Certo che in un Paese che ha la maggioranza delle infrastrutture costruite negli anni 50-60-70 ha bisogno di un grande Piano di manutenzione e di ristrutturazione e una campagna di assunzione di ingegneri che controllino quotidianamente le nostre infrastrutture affinché non capiti mai più ciò che è capitato il 14 agosto dello scorso anno. Ecco perché occorre andare avanti con la Gronda autostradale di Genova. Lo dobbiamo alle 43 vittime che ricordiamo cristianamente nelle nostre preghiere ma dobbiamo ricordarle concretamente nelle opere.

*Mino Giachino, Sì Tav Sì Lavoro

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