La coerenza non è più una virtù

La crisi politica legata alla caduta del Governo Conte – almeno così pare – ha riproposto, per la prima volta nella lunga storia democratica del nostro paese, la categoria della perdita di ogni coerenza tra ciò che si dice in pubblico agli elettori e ciò che si fa in privato nelle trattative. Gli esempi vengono raccontati quotidianamente da quasi tutti gli organi di informazione.

Il caso del centrosinistra, o meglio dell’ex centrosinistra, è al riguardo quanto mai sintomatico. E cioè, dopo aver predicato la “vocazione maggioritaria” di veltroniana e renziana memoria che poi si è trasformata in vocazione minoritaria con ripetute e inappellabili sconfitte in tutte elezioni locali e nazionali, è subentrata la strana concezione della coalizione che si può fare solo aggiungendo al Pd partiti e liste che ricevono l’autorizzazione del suo segretario nazionale. Ovvero il famoso “lodo Calenda”. E dopo aver demonizzato, ironizzato e deriso i 5 stelle per molti anni, adesso si parla con leggerezza addirittura di un “patto di legislatura” tra i due partiti sigillato da un accordo politico e programmatico di lungo respiro... Ogni ulteriore commento è persin inutile.

Del centrodestra, oggettivamente, non si sa più esattamente che cos’è. C’è a livello locale e regionale, viene sistematicamente negato a livello nazionale; le polemiche e le incomprensioni fioccano quotidianamente, i distinguo sono all’ordine del giorno e via discorrendo. Insomma, esiste o non esiste il centrodestra? Nessuno lo sa, eppure se ne parla tutti i giorni.

Per non parlare dei 5 stelle che, per fermarsi all’ultima performance, dopo aver dipinto il Pd come il “partito di Bibbiano”, lo stesso partito è diventato nell’arco di poche ore un serio interlocutore politico con cui costruire una prospettiva politica lunga e feconda perché, dicono, ci sarebbe una comune visione e concezione della democrazia, delle istituzioni, dell’Europa e chi più ne ha più ne metta.

Ora, per non ripetere osservazioni che sono sotto gli occhi di tutti, c’e una sola considerazione conclusiva che non si può non dire. E cioè, dopo una lunga stagione politica in cui i partiti esprimevano più o meno una visione della società a cui faceva seguito un sistema di alleanze più o meno coerente con le pubbliche enunciazioni, è subentrata una fase – quella odierna – dove ciò che viene detto agli elettori è tutto e solo una finzione. Ovvero, un racconto che poi viene sistematicamente negato da ciò che concretamente viene perseguito. E le vicende di questi giorni, tristi e sconcertanti per chi crede ancora, pur senza farsi grandi illusioni, nella “buona politica”, lo confermano persin platealmente.

Certo, esistono ancora gli anticorpi nella società italiana – a livello politico, sociale, culturale, religioso ed etico – per opporsi a questa deriva e a questa perdita di credibilità della politica e, soprattutto, degli attuali partiti. Si tratta di farli emergere e di trasformarli in soggetti politici veri e che siano in grado, seppur in mezzo a mille difficoltà, di invertire la rotta rispetto all’attuale decadimento. Più in basso di così, credo, non si può arrivare.

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