Scendere in campo, al centro

La probabile, salvo sorprese sempre possibili, alleanza tra il partito di Grillo e Casaleggio e il partito di Renzi e Zingaretti, non attenua ma addirittura rafforza e accelera la necessità di dar vita, adesso, ad un movimento politico che affondi le sue radici in quello che l’editorialista del Corriere della Sera Angelo Panebianco ha definito nei giorni scorsi come un “partito del buon senso”. Un partito, cioè, che abbia la forza, il coraggio, la coerenza e la determinazione di riproporre una strategia ed un progetto politico che non sia affidato al vento della convenienza e degli opportunismi momentanei ma che, al contrario, sappia introdurre nella dialettica politica italiana un briciolo di coerenza e di prospettiva. E questo perché, ormai, è giudizio comune che sono saltati quasi tutti gli equilibri politici nel nostro Paese.

Oggi, e non ieri, parlare di centrosinistra, di centrodestra, di alternanza tra la destra e la sinistra appare quasi lunare. È appena il caso di ricordare che la Lega, partito sovranista e di destra si è alleato per un anno con i 5 stelle condividendo quasi tutti i punti programmatici. Poi arriva la sinistra di Zingaretti che vuol fare una alleanza con lo stesso partito dei 5 stelle attorno ad un programma probabilmente alternativo a quello elaborato negli ultimi 18 mesi. Insomma, tutto e il contrario di tutto. Appunto, questo è un banale esempio di come ormai sono saltati tutti gli equilibri politici del passato recente e meno recente. Per questo motivo è sempre più necessario che ritorni in pista un movimento politico che recuperi alcune caratteristiche essenziali del passato e che, al di tempo, sappia introdurre categorie decisive è profondamente innovative per ridare credibilità alla politica, autorevolezza alle istituzioni e un briciolo di coerenza per l’intera dialettica politica italiana.

“Un centro che guarda a sinistra” si diceva un tempo, quando la politica aveva una prospettiva e un orizzonte, una cultura politica che la sosteneva e, soprattutto, una classe dirigente autorevole che la qualificava. Oggi quelle caratteristiche sono semplicemente scomparse. E questo è il motivo decisivo per cui da più parti si sollecita, su vari organi di informazione e di qualsiasi tendenza politica, di far decollare un progetto politico che tenti almeno di arginare il caos, la confusione, il trasformismo e il disorientamento che attraversano ormai orizzontalmente la politica italiana in questa fase turbolenta e caotica. Un luogo politico né identitario e né nostalgico ma, al contrario, un soggetto plurale e dinamico che però superi e sconfigga la confusione ormai cronica del dibattito politico. Certo, ci sono già sul campo molti protagonisti attivi su questo versante. Da Tabacci a Casini, da Renzi a Calenda a moltissime realtà culturali e associative. In particolare dell’area culturale e politica riconducibile al cattolicesimo democratico, popolare e sociale.

È il momento, quindi, di “scendere in campo” per dirla con una battuta simpatica. E il panorama politico attuale favorisce e incentiva questa spinta. A partire, ovviamente, dai territori. In particolare dal Piemonte.

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