Guai a fallire

Livore, odio, volti deformati dalla rabbia e violento rifiuto del prossimo (soprattutto se “diverso”). L’eredità lasciata al Paese dal Ministro degli Interni-Bar dello Sport, nonché vicepremier dell’esecutivo “verde-verde-giallino”, è davvero pesante.

Il leader leghista in pochi mesi di governo è riuscito laddove molti hanno fallito, a partire dal Presidente “picconatore” Cossiga e dal suo ispiratore Licio Gelli, ossia legittimare azioni popolari un tempo impensabili (sia moralmente che politicamente) nel nome della cosiddetta controcultura qualunquista, anticostituzionale e fascistoide.

Inveire contro gli zingari, più volte definiti dal leader leghista con il termine dispregiativo di “zingaracci”, non ostacolare tramite la forza dello Stato gli assedi alla famiglie Rom a cui sono stati assegnati alloggi comunali, acconsentire all’annegamento in mare di centinaia di persone in fuga da persecuzioni e miseria (tra cui donne e bambini), è l’insieme delle tristi premesse che hanno favorito una sorta di “via libera” alle espressioni e alle manifestazioni razziste. Azioni becere, un tempo guardate con estremo biasimo da media e cittadini.

Le invettive xenofobe e omofobe recentemente si sono trasformate in un sano esercizio democratico, in un virile e meritato rimprovero nei confronti di coloro che peccano di eccesso “buonista”. La realtà è stata ribaltata ad arte, così che improvvisamente l’etichetta di “antidemocratico” è stata abilmente incollata sui vestiti di chi si impegna nella difficile strada dell’inclusione sociale.

L’egemonia culturale, come classicamente intesa, è passata nella mani di chi si erge a giudice per scegliere nel nome di tutta la comunità gli elementi discriminanti utili a colpire gli indesiderati. Attualmente l’opinione pubblica si è sottratta dall’influenza degli intellettuali “puri” per concedersi anima e corpo a moderni demagoghi impegnati esclusivamente nella difesa dell’identità e del sovranismo, a legislatori senza scrupoli e interamente protesi nel riposizionamento di concetti quali “Bene” e “Male”, dove sovente il secondo viene riabilitato a scapito del primo. I ciarlatani hanno la meglio sul lume del libero pensiero.

L’inverno dell’anno 2000 fu molto freddo. Le strutture erano insufficienti a far fronte al numero crescente di persone senza fissa dimora. L’amministrazione comunale torinese, retta da Valentino Castellani, decise quindi di aprire provvisoriamente un dormitorio pubblico nei pressi di corso Siracusa (zona Santa Rita). Alcuni abitanti della zona individuata per ospitare la struttura manifestarono un forte dissenso (preoccupati dal possibile calo del valore immobiliare dei propri alloggi), giungendo al punto di spintonare e percuotere l’assessore competente al termine di un’assemblea, organizzata al fine di tranquillizzare i cittadini “indignati”.

Torino seppe reagire a tanto egoismo con una manifestazione di piazza a cui parteciparono migliaia di persone, in gran parte residenti del rione stesso. La città gridò così tutto il suo sdegno contro l’arroganza e la meschineria di pochi, e il dormitorio venne di lì a breve inaugurato.

Diciannove anni dopo, una famiglia nomade arriva con i suoi camper in Santa Rita, parcheggiando i mezzi su alcuni stalli pubblici prospicenti l’area verde di corso Cosenza. Una manciata di residenti, autoproclamatisi non razzisti, dà vita a presidi settimanali, radunandosi vicino alle roulotte per scaricare su adulti e bambini tutta la sua rabbia. I “non razzisti” gridano al megafono di voler dare fuoco ai minori, insultando gli “zingari” e tutti coloro intenti a creare sponde di mediazione culturale e ad avviare i piccoli al percorso scolastico. I “non razzisti”, presidio dopo presidio, ottengono la cacciata dei nomadi nella quasi totale indifferenza generale (comprese le Istituzioni che anzi spalleggiano il manipolo ispirato da CasaPound).

Constatare come è cambiata Torino e come sono mutati in peggio gli italiani genera un freddo brivido lungo la schiena. I valori della solidarietà di classe e del lavoro sembrano tramontati lasciando ampi spazi a demenziali particolarismi e alla fantozziana guerra tra poveri.

La continuità scolastica dei bambini nomadi di corso Cosenza, con l’iscrizione alle elementari anche dopo la deportazione subita, è stata permessa dalla determinazione dei loro genitori e di alcuni cittadini solidali, non certo dalle Istituzioni, ancora una volta assenti.

Il corpo sociale è stato infettato da un virus letale diffuso ad arte dal ministro leghista, un batterio difficile da curare poiché si moltiplica instancabilmente nutrendosi di ignoranza e malgoverno. L’alleanza parlamentare tra il Pd e il M5s potrebbe rivelarsi quale vaccino contro il male egoista e razzista: occasione rara per fermare la deriva neofascista della nostra nazione.

Conte, Zingaretti e Di Maio hanno sulle loro spalle una grande responsabilità: ridare credibilità al Paese, riportare la parola “solidarietà” in auge emarginando in tal modo piccoli e grandi fascismi. Obiettivi possibili da raggiungere stando attenti a non fare passi falsi (come invece già avvenuto sul tema grandi opere, grazie a interviste inopportune rilasciate da alcuni ministri).

Guai a commettere errori tra le fila dell’esecutivo e dei parlamentari dell’inedita nuova maggioranza. Fallire questa volta, originando atti maldestri ed inefficaci nei confronti della patologia razzista, significherebbe la fine di quell’Italia sorta dagli orrori della guerra e delle deportazioni nei campi di sterminio. La morte della Costituzione a vantaggio di un drammatico ritorno al passato più buio della nostra Storia recente.

print_icon