Censura "privata" sui social

Notizia di questi giorni è la chiusura di pagine e profili appartenenti o vicini a due partiti considerati di estrema destra da parte del social network Facebook. La motivazione sarebbe il contenuto che inciterebbe all’odio. Molti hanno fatto notare che i due partiti sono stati ammessi alle elezioni e pertanto solo per questo non possono essere considerati fuorilegge o comunque meritevoli di simili attenzioni. Il tema riguarda la libertà di espressione e i suoi eventuali limiti. Dal punto di vista teorico esistono studiosi che dichiarano che la libertà di espressione debba essere assoluta perché le responsabilità sono sempre individuali. Per esempio, un predicatore potrebbe incitare a compiere un furto, ma alla fine la responsabilità sarebbe di chi commette materialmente il furto. Si potrebbe disquisire all’infinito su questioni teoriche, ma è evidente che in alcuni casi proprio i social network non solo fanno propaganda, ma possono servire per organizzare e compiere reati. Chiudere una pagina o un profilo appartenenti a criminali o terroristi non può essere tacciato di limitazione della libertà di espressione. Ma dati i casi limiti, come comportarsi in tutti gli altri casi? Rimaniamo dell’opinione che debba essere garantita la massima libertà di espressione.

Detto ciò, rimane da inquadrare il comportamento di Facebook. Stando quanto detto sopra, lo consideriamo sbagliato, ma bisogna evidenziare che Facebook è una compagnia privata con il diritto di discriminare i suoi utenti in base alle proprie politiche commerciali. Il problema nasce dal quasi monopolio di cui di fatto gode Facebook, che tra le altre cose controlla Whatsapp e Instagram avendo accesso a circa 2 miliardi di profili. È evidente che si pone un problema di concentrazione di potere non indifferente. Se Facebook fosse uno dei tanti social network non si porrebbe nessun problema: si viene cancellati da una parte e si va da un’altra parte. Purtroppo non è così, specialmente in Italia dove vari tentativi di creare un sociale network nazionale sono miseramente falliti. Negli Stati Uniti d’America si stanno ponendo questo problema. Forse fra qualche anno nascerà qualche altro attore del web che oscurerà la stella di Facebook, ma nel frattempo cosa si può fare?

Oltre a ciò, esiste anche un problema prettamente giuridico. Finora Facebook ed altre piattaforme social hanno dichiarato di essere neutrali verso i contenuti degli utenti e ciò li liberava dal vincolo di controllare ciò che veniva pubblicato. Solo in seguito a un reato venivano presi provvedimenti. Questo è molto comodo per le compagnie di Internet, che si liberano di costi e di obblighi vari. Con l’azione di spegnere pagine e profili, Facebook ha implicitamente dichiarato di controllare i contenuti degli utenti e pertanto non può più essere considerata una piattaforma neutrale, ma di fatto si trasforma in una sorta di editore con tutti gli obblighi e le responsabilità del caso. Un bel problema giuridico. I soggetti oscurati hanno rivelato in qualche modo l’indirizzo politico del patron di Facebook, Zuckerberg, ponendo in dubbio la neutralità politica della sua piattaforma.

Un altro problema riguarda l’algoritmo e la gestione delle segnalazioni da parte degli utenti Facebook che comportano una censura su alcune parole considerate poco opportune, trasformando il social network nel tempio del politicamente corretto e vista la sua vasta influenza con ovvie ripercussioni sul linguaggio corrente. Problema ancora più grave delle censure politiche. Idee e pensieri trovano formulazione ed espressione tramite il linguaggio ed un impoverimento di quest’ultimo non può che avere ripercussioni negative sui primi. Un linguaggio povero non può che indebolire l’elaborazione delle idee. Tramite il controllo del linguaggio si controlla il pensiero. Eliminando alcune parole e forzando il significato di altre sarà impossibile elaborare e diffondere certe idee.

Sarebbe auspicabile la nascita di altri social network in modo che si rompa il monopolio di Zuckerberg e per quanto non ci piace una soluzione per legge, lo smembramento della compagnia come fu fatto per l’impero di Rockefeller non sarebbe da scartare a priori.

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