SOTTO LA MOLE

Torino laboratorio renziano: "Nessuna alleanza con il M5s e nostro candidato sindaco"

Le elezioni comunali del 2021 primo banco di prova locale di Italia Viva, la nuova formazione dell'ex premier. Fregolent delinea le prime strategie e manda precisi segnali al Pd: "Non pensi di trasferire l'asse di governo nazionale in Sala Rossa"

“Matteo ha sventato un rischio enorme aprendo a un Governo che fermasse chi chiedeva pieni poteri. Però dal giorno dopo tutti i dirigenti nazionali del Pd, incominciando da Dario Franceschini hanno pensato che quello fosse il metodo per tutte le alleanze. A Torino lo hanno fatto anche il segretario regionale e la sua vice, peraltro prendendosi sonori sberloni dalla sindaca”.

Il Matteo di cui parla Silvia Fregolent, ovviamente, è Renzi. Lei la deputata renzianissima, l’altro Matteo manco lo nomina per cognome. E il nome di quel PdR di cui si è parlato per mesi ed è nato quando nessuno se lo sarebbe aspettato, Italia Viva, deve ancora avere il suo simbolo. Ma già un quadro, con tanto di cornice robusta, sugli effetti che la nuova forza politica dell’ex rottamatore potrà avere su uno snodo importante nel rapporto tra Pd e M5s come si annunciano le elezioni a Torino nel 2021, viene fuori con molta nettezza dalla deputata su cui solo un marziano a Roma avrebbe potuto nutrire dubbi circa la sua adesione al partito dell’ex rottamatore.

Ve la prendete perchè nel Pd c’è chi non vede l’ora di fare nelle Regioni e nei Comuni tante matrioske del Governo Conte. Però, onorevole Fregolent, ad aprire al governo giallorosso chiudendo la porta delle elezioni a Salvini è stato il suo Matteo.
“Certo. E visti i rischi che correva il Paese non ha fatto bene, ha fatto benissimo. Però, poi da una parola in su è stata coalizione con i Cinquestelle ovunque o quasi".

Dicono che ve ne andate dal Pd perché siete in minoranza.
“Una sciocchezza, sono ben altri i motivi".

Sa che molti, anche tra chi pensa di seguirvi, ammettono di non capire la ragione di questa scissione. Prova a spiegarlo?
“Facciamo un progetto nuovo perché pensiamo che le idee che hanno reso il Pd attrattivo, che lo hanno portato ad oltre il 40 per cento alle europee nel 2014 e al 40 al referendum che ovviamente è un cifra che segna la sconfitta, ma che aveva una dignità di contenuto, ecco crediamo che quelle idee debbano essere matenute”.

Impossibile farlo nel Pd di Zingaretti?
“Oggi nel Pd c’è una cancellazione totale di quella stagione”.

Hanno pesato anche le nomine, anzi le mancate nomine di ministri e sottosegretari, non dica di no. In Piemonte con i Cinquestelle si è chiusa 4 a 1, con due ministri un viceministro e un sottosegretario per i grillini e solo un sottosegretario per il Pd. Lei come se lo spiega un esito del genere?
“La mia contrarietà, le mie critiche le ho espresse anche pubblicamente. Ho visto che il segretario regionale Paolo Furia non l’ha presa bene e mi spiace. Però è chiaro che il Pd ha sottovalutato segnali molto evidenti su Torino arrivati dai Cinquestelle. Torino è uno dei pochi posti in cui se si andasse al voto politico oggi il centrosinistra sarebbe ancora vincente. E di fronte a questa situazione che fa? Per Roma si sono fatte delle nomine che potevano essere alternative alla giunta Raggi”.

Si riferisce a Roberto Morassut, sottosegretario e probabile candidato sindaco del Pd nella Capitale, giusto?  
“Sì. Tornando a Torino, in maniera superficiale e sottovalutando il problema si è completamente dimenticato il Pd che invece oggi ha delle chance per vincere anche alle amministrative”.

Ha sbagliato Furia o Zingaretti, o tutti e due?
“Pensare di cavarsela con una lettera, mi pare poca roba. Il segretario regionale avrebbe dovuto chiamare le correnti e tirare fuori i nomi, due o tre o quelli che si pensava potessero passare: a quel punto le nomine sarebbero state del territorio e non calate dall’alto. La mancata rappresentanza, però, la imputo a una volontà politica nazionale. Che ha commesso il grave errore dimostrando di non essere in grado di capire la realtà locale, la forte criticità della città verso la Appendino”.

Alla sindaca non ne ha risparmiata una. Non in grande compagnia, almeno all’inizio, quando a picchiare duro contro Appendino, oltre a lei, al leader dei Moderati Mimmo Portas, l’ex senatore Stefano Esposito e il capogruppo Stefano Lo Russo non se ne contavano molti altri. Adesso che Fregolent non è più nel Pd, lì qualcuno festeggerà guardando all’intesa con i Cinquestelle?
“Alcuni l’accordo con i Cinquestelle a Torino lo avevano profetizzato da tempo nel Pd. Io che non considero i grillini di centrosinistra ho sempre avversato queste ipotesi. Poi, molti saranno felici della mia uscita, ma altri mi scrivono chiedendomi di ripensarci”.

Insomma, lei un’intesa con il M5s per il 2021 non la vede proprio?
“Per come ho visto gestire la città io non vedo affatto quest’alleanza, Sicuramente la combatterò facendo non più parte del Pd, ma di un partito che si opporrà a una roba del genere”.

Un partito che nasce con la formazione di nuovi gruppi parlamentari, tra un mese ci sarà la Leopolda, ma sul territorio che succede? C’è attesa, ma anche un po’ di perplessità sulla struttura.
“I Comitati di azione civile si stanno moltiplicando, l’annuncio di Renzi ha reso più interessate le persone, c’è entusiasmo, c’è voglia di fare. Avremo un radicamento territoriale e poi amministratori, abbiamo una rete locale. Questa non è un’operazione di palazzo. Ognuno si dovrò rimboccare le maniche, i luoghi di discussione e di lavoro non mancano”.

Torniamo a Torino. Cosa vede nel dopo Appendino, ammesso che sia un dopo e non un ancora.  
“La città ha le energie per poter rinascere e fare progetti innovativi. Dico di più: credo che potrà essere un laboratorio. Noi daremo il nostro contributo per far sì che le energie positive che a Torino hanno sempre fatto la differenza possano trovare spazio e vengano utilizzate al meglio”.

Guarda a nuovi schemi?
“Ricordo che, in fondo, l’Ulivo nasce in piccolo con l’Alleanza per Torino di Valentino Castellani”

Il suo ormai ex partito cosa dovrebbe fare per non cadere nelle mani grilline?
“Se il Pd pensa di dire: avete visto com’è finita con cinque anni con i grillini, era meglio quando c’eravamo noi, sbaglia e non ha capito la lezione della sconfitta del 2016”.

Maria Elena Boschi durante una cena alla Festa dell’Unità ha detto che non è affatto scontato che il candidato sindaco del Pd sia il vostro candidato. Un mettere le mani avanti mica di poco conto.
“Prima dei nomi vogliamo capire cosa farà il Pd. Se nelle premesse o all’arrivo c’è un accordo con i Cinquestelle la risposta è: no grazie”.

Voi vi ponete come soggetto fortemente civico, come lo attestano i comitati. Renzi ha detto che Italia Viva non si presenterà alle comunali almeno per un anno. A Torino si voterà tra poco meno di due. Potrebbe essere un renziano il candidato sindaco?
“Perché no?”

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