ECONOMIA DOMESTICA

"Serve coraggio per competere"

Puntare sulle filiere dei comparti e fare scelte efficaci anche se impopolari. I consigli del presidente di Federmeccanica Dal Poz sul Piano regionale della Competitività. I due rischi da evitare: frammentazione e concentrazione su grandi gruppi

“Bisogna essere estremamente lucidi nell’identificare quelli che sono i comparti che hanno maggiore possibilità di crescita e fare una valutazione di impatto, non solo prospettica, perché l’impatto deve servire adesso, nel periodo medio e breve”.

Nel Piemonte dove anche l’ultima indagine congiunturale di Confindustria presenta più ombre che luci e appare difficile superare decisamente la fase di stagnazione che si trascina ormai da tempo, il Piano per la Competitività annunciato dal governatore Alberto Cirio che ne ha affidato la regia alla deputata ed ex assessore al Lavoro Claudia Porchietto dovrebbe essere la risposta della politica e, più ancora, lo strumento su cui imperniare il lavoro dei prossimi cinque anni dell’amministrazione regionale per evitare che lo sviluppo e la ripresa restino auspici. Un’impresa ambiziosa, quanto necessaria.

Se porterà i risultati sperati lo si vedrà, ma molto dipenderà anche dall’approccio alla questione e dalle priorità che verranno individuate. Lo Spiffero su questo tema – così come su quello strettamente collegato dell’area di crisi complessa, com’è stata classificata Torino e buona parte del territorio metropolitano con relativo quanto incerto annuncio di fondi – ha chiesto l’opinione di Alberto Dal Poz, presidente nazionale di Federmeccanica. La risposta alla prima domanda – cosa bisogna fare di fronte a quel foglio bianco che la politica ha deciso di riempire di progetti concreti – è diretta e, a suo modo, dura. Altrettanto l’ulteriore esplicitazione del concetto: “Essere lucidi talvolta vuol dire anche essere impopolari”.

Presidente Dal Poz, innanzitutto cosa ne pensa dell’idea? Ha fatto bene il governatore a predisporre subito un piano per il tessuto economico della regione?
“Ritengo doveroso da parte della politica svolgere un’attività di questo tipo, anche in un momento in cui si entra in una fase nuova per quanto riguarda il governo della Regione. E accolgo con favore la scelta dell’onorevole Porchietto, come guida per questa iniziativa di sviluppo, per la sua esperienza come imprenditrice e per quanto ha fatto quando è stata assessore regionale al Lavoro. Ci sono le condizioni fare politica con la P maiuscola. Devono essere fatte delle scelte, perché no anche coraggiose”.

Lei sostiene che serve individuare con nettezza il perimetro in cui intervenire, i settori su cui puntare. Se non si fa così tutto risulterà inutile, giusto?
“Torno al concetto di lucidità per sottolineare come si indispensabile un’analisi approfondita per individuare le maggiori probabilità di crescita, evitando di cedere a mode o tendenze. Per quanto riguarda le aziende, dobbiamo ricordarci certamente delle più grandi, ma anche di quelle più piccole quindi puntare sulle filiere risulta è cruciale. Se si pensasse di lavorare solo sui piccoli si rischierebbe di fare interventi frammentari che non servono in questa fase. Ecco perché insisto sulle filiere”.

Quali i comparti su cui puntare?
“È un po’ come se chiedesse all’oste se il suo vino è buono. Detto questo, l’automotive ha senza dubbio la percentuale di export e di occupade a crescere”.

Non ha citato Fca, una dimenticanza?
“No. Fca è una multinazionale non ha neanche più la sede fiscale e amministrativa a Torino. Qui abbiamo realtà importanti come Maserati e Mirafiori che possono dire la loro, sono stati annunciati degli investimenti, benissimo. Ci sono i posti di lavoro cui pensare, senza dubbio. Ma c’è bisogno di pensare alle decine di migliaia di occupati nell’automotive piemontese che non è Fca e che lavorano soprattutto per grandi gruppi stranieri: un settore dalle fortissime potenzialità di espansione”.

Anche grazie all’auto elettrica?
C’è tantissimo interesse intorno alla mobilità elettrica quindi immaginiamo quanto le aziende potrebbero essere interessate ad entrare in una filiera destinata a una sicura crescita futura. Una crescita molto trasversale: ci sono imprese che potrebbero giocare un loro ruolo nella mobilità elettrica e della guida autonoma, anche senza che oggi siano necessariamente aziende dell’automotive. Si può aprire la porta alla ricerca applicata. Che bel lavoro sarebbe per Università e Politecnico poter collaborare con aziende che già oggi sono in questo settore”.

Auto e poi quali altri settori che il piano per la competitività dovrebbe indicare come punti di forza e su cui concentrare energie e, se ci saranno, risorse?
“Il piano è per il Piemonte e non solo per Torino. Quindi sicuramente l’aerospazio e il grande comparto delle macchine utensili. Poi ovviamente l’agrifood. Agricoltura, enogastronomia: siamo sempre più conosciuti nel mondo per queste eccellenze, è un gran bel biglietto da visita. Ecco, anche per questo ricordo l’enorme occasione persa delle Olimpiadi”.

Proprio non l’ha digerito il no della sindaca Chiara Appendino alla ricandidatura per i Giochi invernali?
“Una scelta sconsiderata dell’amministrazione comunale. Sarebbe stata un’opportunità fantastica. Non averci neanche provato è una cosa che per noi imprenditori è inconcepibile”.

A proposito, la sindaca da tempo assicura che a Torino arriveranno 150 milioni per l’Area di Crisi Complessa. Lei che idea s’è fatto della questione?
“Come Federmeccanica non abbiamo notizie dirette, nessuno ci ha contattato anche se siamo convinti che una visione nazionale sarebbe importante in questa fase. Attendiamo i passaggi formali, ci aspettiamo che Conte quando verrà a Torino dica qualcosa di più operativo. Quando questo succederà, credo che se ci saranno soldi veri, queste risorse dovrebbero essere concentrate in ambiti assolutamente delimitati”.

Anche in questo caso evitare interventi a pioggia ed eccessive frammentazioni?
“Assolutamente. C’è necesssità di trasferimento tecnologico, bisogna concentrare le energie dove ci sono i bisogni delle imprese. Industria 4.0 verrà in qualche modo allungata e questo è un fatto decisamente positivo. Ma, dopo due anni di forti investimenti su macchinari e attrezzature ora serve passare alla formazione e all’addestramento del personale. E poi i giovani, come Federmeccanica siamo riusciti a riportare al centro di programmi regionali, è appena partita la Toscana, l’alternanza scuola lavoro per far capire ai ragazzi cos’è Industria 4.0 e prepararli”.

Presidente Dal Poz, lei indica spesso come un punto di forza per lo sviluppo l’interazione tra imprese, Università e centri di ricerca. Si dovrebbe seguire questo modello anche per il Piano per la competitività e per i progetti per l’area di crisi?
“Senza subbio. Dobbiamo spiegare i mainstream di sviluppo tecnologico. In passato c’erano grandi committenti che con le loro politiche si sviluppo tecnologico sollecitavano e stimolavano i loro fornitori. Questo non accade più. Quel ruolo oggi lo possono assolvere al meglio l’Università, il Politecnico e altre istituzioni di ricerca”.

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