GRANA PADANA

Lega, rivolta contro il capogruppo

Dal Vco a Novara, dai territori al Consiglio regionale, il partito è in subbuglio. Nel mirino Preioni. Dopo il voltafaccia sull'ospedale di Ornavasso gli eletti di Verbania minacciano "gesti eclatanti". Critiche anche sulla gestione della formazione a Palazzo Lascaris

La Lega si slega. Anche l’ultimo partito leninista (per usare una definizione cara a Roberto Maroni, “c’è uno che comanda, poi ci sono altri che danno esecuzione al progetto”) subisce il dissenso interno, peraltro esternato senza risparmio, e mostra il fianco a dure critiche proprio a chi comanda. È la placida immagine del Lago Maggiore a far da sfondo alla burrasca leghista. E su, per le strade dell’Ossola sobbalza e sbanda un Carroccio che pure in altre parti del Piemonte non sempre riesce ad andare diritto senza ostacoli o deviazioni.

Qualcuno proverà a ridurla alla sempre utile scappatoia della dialettica interna, ma la questione che nasce e ruota attorno al pastrocchio sugli ospedali del Verbano-Cusio-Ossola non solo è una brutta gatta da pelare per l’azionista di maggioranza del governo piemontese: è il sintomo di quel che sta succedendo nel partito e, soprattutto, al vertice del suo gruppo regionale.

Alberto Preioni ha snobbato Verbania” aveva detto pochi giorni fa Michael Immovilli, consigliere comunale della Lega a Verbania. Preioni, ovvero il capogruppo a Palazzo Lascaris, era passato dai sorrisi sotto i baffi per i suoi contorti interventi, alle smorfie di disapprovazione da parte di una fetta dei suoi, in un amen. Poco di più ci aveva messo lui a cambiare rotta rispetto a quella tracciata in campagna elettorale, cancellando il futuro nuovo ospedale unico di Ornavasso e proponendo (con il governatore Alberto Cirio e l’assessore Luigi Icardi, pure lui leghista) il progetto di nosocomio a Domodossola, lasciando quello di Verbania a un ruolo di gregario o forse ancor meno.

Un capolavoro di strategia politica (per non dire di programmazione sanitaria): sono riusciti a riaprire una guerra di campanili nella pur non enorme provincia, ma anche a spaccare il centrodestra e pure la Lega. Oltre a Immovilli, altri tre suoi colleghi che siedono in consiglio comunale – Atalla Farah, Katiuscia Zucco e Mattia Tacchini – hanno detto e scritto di essere “pronti ad ogni azione, anche la più dirompente, per difendere il diritto alla Salute”. Chi lo minaccia? “La totale inadeguatezza della scelta comunicata dalla Giunta regionale rispetto alle reali esigenze del territorio del Vco e, in particolare, del Verbano”, come scrivono ancora i quattro nella contestazione alle decisioni annunciate nei giorni scorsi da Cirio e Icardi, con benedizione e ispirazione di Preioni, a sua volta – si dice – consigliato dal senatore verbanese Enrico Montani. “Il vero  puparo è lui, Montani è la mente… e che mente,… Preioni si limita ad eseguire”, descrive la situazione un parlamentare leghista sotto anonimato.

E se non riesce difficile immaginare la traduzione pratica di quell’azione “dirompente” minacciata dai consiglieri leghisti, appare lampante come il loro partito con la regia del folkloristico capogruppo a Palazzo Lascaris si sia infilato in una situazione tutt’altro che semplice con, in sovrappiù, altri attacchi da fuoco amico. Domenico Albertella, già candidato sindaco di Verbania per il centrodestra e oggi presidente del consiglio comunale ricorda: “Preioni era al mio fianco per dichiarare che il Castelli di Verbania non solo resterà pubblico, ma sarà potenziato e il Dea sarà mantenuto. Oggi nell'espletamento del suo mandato sostiene che il Castelli sarà declassato a ospedale territoriale, il Dea di Verbania sostituito da un pronto soccorso e il nuovo ospedale si farà a Domodossola con Dea di primo livello”.

Una Lega attraversata da moti interni e pure sotto attacco, non solo come naturale dal centrosinistra, ma anche da settori del centrodestra, Forza Italia in primis, spiazzati dalla giravolta dell'alleato e da un accodarsi, non senza qualche imbarazzo, dello stesso governatore. Questo capita in riva al Lago Maggiore. Ma non che altrove il monolite salviniano si sappia sempre rivelare tale.

Restando nell’ambito della sanità, i malumori del sindaco di Novara Alessandro Canelli, la cui pazienza è arrivata ormai ai limiti di guardia di fronte alla storia infinita della legge regionale per sbloccare l’iter per la Città della Salute che l’assessore Icardi sta ancora aspettando dal Bilancio per la validazione, raccontano di come sul Carroccio la comitiva sia tutt’altro che sempre allegra e unita. Per ora l’asse con Riccardo Molinari tiene, anche per reciproca convenienza e l’azione di giunta e maggioranza è sorvegliata da Matteo Marnati e Riccardo Lanzo: il primo incaricato di seguire i principali dossier dell’esecutivo, il secondo impegnato a marcare stretto Preioni (evitandogli, per quanto è possibile, figure barbine, cosa improba visto che con i suoi interventi stentorei è diventato ormai una barzelletta).

Nel Piemonte dove ormai sempre più spesso si parla di una Lega novarese, di una alessandrina e di un’altra torinese non riferendosi soltanto ai confini geografici, lo stesso capoluogo vede il partito graniticamente unito attorno al suo leader nazionale, piuttosto diviso tra i capataz locali come capita e non stupisce in altre forze politiche. A contenere l’arrembante e debordante Fabrizio Ricca - assessore regionale e capogruppo in Sala Rossa, il cui ruolo nella giunta Cirio ne ha accresciuto la leadership in tandem con il deputato Alessandro Benvenuto - c’è il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia. Con una Elena Maccanti che da abile navigatrice fa la spola tra l’uno e l’altro fronte.

In pochi mesi, il nuovo capogruppo che con la sua oratoria zoppicante esordì a Palazzo Lascaris dicendo "la mia attività politica farà da traino per il Vco, terra che deve avere delle priorità e un’attenzione che prima non ha avuto", è riuscito in un’impresa che nessuno immaginava possibile: dividere il centrodestra proprio a casa sua e, addirittura, far minacciare quattro dei cinque consiglieri comunali leghisti di Verbania azioni dirompenti, dietro le quali più d’uno ha visto anche la possibile uscita dal partito. Più che un’impresa inimmaginabile, un capolavoro.

print_icon