POLITICA & GIUSTIZIA

Giordano assolto con formula piena

Dopo un calvario di oltre sei anni, l'ex sindaco di Novara e assessore regionale riconosciuto innocente dai giudici. Iniziò tutto dal Bar Coccia, nel 2013 le sue dimissioni dall'incarico nella giunta Cota

L’ex sindaco di Novara ed ex assessore regionale Massimo Giordano è stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste dal Tribunale di Novara. Giordano era accusato di numerosi reati, tra cui corruzione e concussione. Il processo, iniziato nel giugno 2016, riguardava episodi risalenti al 2012. Un impianto fortemente sostenuto dal procuratore capo di allora, Francesco Saluzzo, ora procuratore generale: una sentenza che segna una pesante sconfessione del suo operato. In seguito alle accuse, Giordano si era dimesso dalla giunta regionale guidata dall’allora governatore Roberto Cota e uscito dalla vita pubblica, rinunciando a candidarsi nelle recenti tornate elettorali. Secondo l’accusa, Giordano, leghista, era a capo di una sorta di gruppo di potere che, in più occasioni, avrebbe avvantaggiato professionisti e imprenditori amici in cambio di favori. “Sono stati anni molto difficili e di grande sofferenza, non tanto per me ma per i miei familiari. Oggi sono ovviamente soddisfatto ma anche addolorato perché le due persone che mi sono state sempre vicine, mio padre e mia moglie, non ci sono più. Ringrazio tutti i novaresi perché non hanno mai creduto alle suggestioni che hanno voluto creare”.

Per lui l’accusa sostenuta dal pm Nicola Serianni aveva chiesto cinque anni di reclusione e un totale di 24 anni di carcere per altri dieci imputati dei 16 coinvolti nel procedimento (erano state chieste anche quattro assoluzioni e due «non doversi procedere» per la prescrizione del reato). Assolti anche Isabella Arnoldi, Mario Berti, Francesco Amodei, Riccardo Lanzo, Giuseppe Cortese, Andrea Giacomini, Dario Marchetti, Lorenzo Fragola, Giovanni e Pietro Previde Prato, Filippo Polidoro, Michele D’Adamo e Lorenzo Beretta. Dichiarata la prescrizione per i reati di Paolo Cortese, Gerardo Murante e Almanda Tritto.

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Tutto incominciò da una denuncia per schiamazzi di alcuni residenti di via Fratelli Rosselli a Novara. La causa è il rumore provocato dal Bar Coccia, all’epoca (siamo nel 2011) gestito da Mario Berti. A “capitanare” i residenti era stato l’avvocato Ignazio Pagani. Da qui nascono una serie di altre inchieste a cascata dopo che le indagini si sono concentrate sui presunti “favoritismi” da parte dell'allora amministrazione comunale nei confronti del locale, per arrivare ad altri reati legati a Casa Bossi, alla costituzione del quotidiano Nord Ovest, ai presunti favoritismi per il gruppo editoriale D-Media fino al presunto tentativo di corruzione di un funzionario regionale per la Fondazione Novara Sviluppo. Nel febbraio 2013, dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, Giordano si dimette da assessore regionale e da quel momento resterà fuori dalla vita pubblica novarese. Intanto, dopo sei anni tra indagini e processi arriva la sentenza. Nessuna di queste accuse è stata provata dai pm, secondo i quali esisteva un vero e proprio Sistema Giordano, che ruotava attorno all’allora uomo forte della Lega.

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