Il giorno dopo le sardine

L’Italia ha il triste primato di essere la nazione dove più che altrove i cittadini hanno perso la memoria storica, oltre a non sapere distinguere le notizie dalle pure e semplici opinioni. La nostra penisola quindi è all’ultimo posto nella classifica inerente il livello di comprensione delle persone su quanto accade intorno a loro.

Il Bel Paese purtroppo è arretrato, rispetto al resto dell’Occidente, nella capacità di leggere in maniera critica quanto scritto da giornalisti e opinionisti. In sintesi la nostra popolazione è fatta in gran parte da creduloni dalla memoria corta, per cui diventa inevitabile preda di truffatori provetti e illusionisti di ogni specie.

Il risultato del quadro soprariportato è quello di una società enormemente ignorante che consente a chi ha potere economico, soldi, di aggiudicarsi qualsiasi competizione elettorale: al ricco candidato, per vincere, basta recitare poche parole spesso inutili alla soluzione reale di problemi ma idonee a stimolare i desideri della maggioranza, nonché ad allontanare dall’uditorio il senso di frustrazione quotidiano.

Un gioco perverso, seppur funzionale, a cui più di tutti la Sinistra deve sottrarsi poiché la rimozione della spessa coltre di oblio, posta su eventi e vicende (del passato prossimo come di quello remoto), non è azione posticipabile nel tempo. Camminare lungo la strada che porta al futuro richiede un grande sforzo, ossia conoscere quanto avvenuto nei periodi trascorsi, e cosa abbia determinato quegli antichi fatti di cui oggi comunque viviamo le conseguenze: il faticoso percorso della ricostruzione.

Il mondo politico erede di Gramsci deve quindi necessariamente guardare alle sue spalle, leggere attentamente gli errori compiuti e fare una profonda autocritica. Occorre che innanzi tutto i post social-comunisti analizzino le importanti fasi di un’epoca che sul finale li ha espulsi dal Parlamento, mettendo al contempo in un angolino buio tutte le forze progressiste.

I partiti antifascisti avevano, sino all’alba degli anni ’90, una forte base elettorale tra gli studenti e i lavoratori. Un esercito di sostenitori sgretolatosi in pochissimi anni, soprattutto grazie a una serie di sbagli imperdonabili compiuti dai loro leader politici (come ho già scritto in numerosi commenti).

La cieca adesione ai principi neoliberisti da parte delle compagini governiste della Sinistra, scelta di cui fu alfiere lo stesso Norberto Bobbio con le sue tesi sul “Liberalsocialismo”, hanno causato un lento quanto inesorabile crollo elettorale. Una folle rincorsa del Centrodestra sui suoi temi (fatti propri dal Centrosinistra), un doppione (speculare) di programmi elettorali, tra forze teoricamente opposte, dagli esiti fatali.

Gli studenti sono stati i primi a disertare dalle fila della Gauche, poiché traditi dalla riforma Ruberti, che introduceva l’autonomia universitaria (in soldoni la possibilità di creare atenei di prima e seconda scelta). Seguirono i lavoratori a cui i quadri democratici hanno preferito i capitani di industria, e infine le periferie abbandonate a se stesse da giunte comunali eccessivamente distratte. Intere popolazioni barattate con gli interessi di costruttori e produttori di cemento (Tav, Mose e molti altri progetti), hanno abbandonato i successori di Berlinguer per aderire all’astensionismo.

Le molteplici partite a briscola giocate da Marchionne e dal sindaco Pd di turno sono state micidiali per gli operai Fiat e per tutti i lavoratori dell’indotto dell’auto. I diritti a tutela dei dipendenti sono svaniti in pochi anni, così come i loro posti di lavoro, tra un sorriso della politica e le dichiarazioni tranquillizzanti provenienti dai dirigenti ex Pci.

La stessa globalizzazione, vantata inizialmente quale panacea di ogni male sociale, ha creato paradossi mortali per il welfare, dimostrando la sua fallace idea di sviluppo. Spostare la produzione in Paesi noti per il bassissimo costo della manodopera, per lo sfruttamento della manovalanza o per i favori fiscali che i governi concedono agli imprenditori che delocalizzano, comporta il depauperamento della comunità di provenienza, abbandonata al suo destino.

Le politiche economiche e industriali, le cui responsabilità nefaste sono regolarmente addossate dai politici nostrani ai loro colleghi europei, hanno comportato ricadute disastrose nelle società dell’Unione, tra cui la fine della solidarietà di classe a tutto vantaggio della guerra tra poveri.

Malgrado il rilevato fallimento delle teorie incentrate sulla competizione spietata e su misure anti-welfare, i “cervelloni” a capo dei partiti progressisti istituzionali continuano comunque a gridare “Privato è bello!!”. Uno slogan pericoloso negli effetti, da cui discende la svendita del patrimonio pubblico e l’affidamento dei servizi essenziali del cittadino in capo a imprenditori privati (con l’illusione che questi diventino in tal modo più efficienti).

Tempo addietro un manager della sanità privata mi confidava di aver investito oltre 10 milioni di euro per inaugurare una struttura sociosanitaria, manifestando contemporaneamente preoccupazione per l’estinzione del debito maturato con le banche. È scontato come per quel gestore attualmente sia priorità assoluta il rientro di quanto speso, anziché l’amorevole accudimento dei pazienti convenzionati con il sistema sanitario nazionale.

La Sinistra deve trovare urgentemente proposte comuni che siano coerenti con i principi a cui fa riferimento, riprendere i punti salienti di una visione della società alternativa, forse addirittura antagonista, a quella ora vincente.

Sanità pubblica, istruzione garantita a tutti i cittadini e saldamente in mano allo Stato laico, difesa del welfare e dei beni comuni, sostegno ai lavoratori e alla produzione, salvaguardia dell’ambiente e della causa animalista, sono alcuni esempi dei temi cari al mondo progressista. La tutela dei deboli anziché il carrierismo dei giovani rampanti, dalle poche idee ma dalla sterminata arroganza, la difesa del verde e delle comunità alpine a svantaggio della speculazione vandalica, sono punti imprescindibili per guardare al giorno dopo delle Sardine.

La fenice insegna come si possa risorgere dalle ceneri: con parole chiare e coerenza può rinascere anche la Sinistra. 

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