POLITICA & GIUSTIZIA

Rosso fa scena muta

L'ex assessore in carcere con l'accusa di voto di scambio politico-mafioso alle ultime elezioni regionali non risponde al giudice nell'interrogatorio di garanzia. Il difensore: "Estraneo alla criminalità organizzata, deve ancora metabolizzare ciò che è accaduto”

Si è avvalso della facoltà di non rispondere Roberto Rosso, arrestato ieri mattina e dimessosi da assessore della Regione Piemonte nell’ambito dell’indagine “Fenice” della magistratura, che ipotizza nei suoi confronti il voto di scambio politico-mafioso: secondo gli inquirenti, ha versato 7.900 euro agli intermediari dei clan Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, due presunti pezzi da novanta della criminalità organizzata calabrese, in cambio di un pacchetto di voti alle ultime elezioni regionali. Il politico, espulso da Fratelli d’Italia in seguito al suo coinvolgimento nell’inchiesta, è comparso oggi pomeriggio davanti al magistrato per l’interrogatorio di garanzia nel carcere delle Vallette. “Per una persona come lui, totalmente estranea a realtà di tipo 'ndranghetista, ci vuole tempo – afferma l’avvocato difensore Giorgio Piazzese –. Deve metabolizzare una notevole mole di atti, che non abbiamo ancora avuto il tempo di studiare. Li leggeremo e valuteremo il da farsi”. Nelle prossime ore, a quanto si apprende, Rosso potrebbe essere trasferito nel carcere di Asti.

Stessa condotta terrà Mario Burlò, una delle otto persone arrestate nell’ambito della stessa inchiesta:  l’imprenditore “intende presentarsi spontaneamente avanti i magistrati inquirenti per chiarire la propria posizione”, spiegano i suoi avvocati, Maurizio Basile e Domenico Peila, annunciando che nell’interrogatorio di garanzia di lunedì mattina, nel carcere di Asti dove è recluso, non risponderà chiedendo di essere sentito dai pm. Sono due i provvedimenti per i quali Burlò – imprenditore torinese a capo della Oj Solution con il pallino delle sponsorizzazioni sportive nel basket (Torino, Sassari) e nel calcio (Torres) – è indagato. “Il primo – spiegano i difensori – è relativo a ipotizzate violazioni fiscali, per cui si procedere a piede libero, e ha comportato il sequestro di beni e aziende. Il secondo, di cui all’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale, riguarda una ipotesi di concorso esterno per episodi circostanziati”. Fatti, questi ultimi, che Burlò “contesta recisamente, potendo già allo stato fornire una spiegazione su ciascuna delle vicende che lo vedono apparentemente coinvolto con soggetti terzi con riferimento a situazioni altre che nulla hanno a che fare con le attività del consorzio di cui è a capo”. Burlò esprime “sincera preoccupazione” per le sue attività e il lavoro dei suoi dipendenti, affermano i due legali che in una nota “tengono a rappresentare la preoccupazione sincera espressa dall’imprenditore circa le possibili conseguenze che, a seguito di questi provvedimenti, tra loro disgiunti, potrebbero subire le maestranze – solo in minima parte impiegate nel territorio torinese – delle diverse imprese del gruppo oggi sottoposte a sequestro qualora ne dovesse venir limitata la loro operatività”.

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