La fabbrica di batterie? C’è già, anzi due

Torna come un sistema periodico la richiesta di imprenditori e sindacalisti in interviste e convegni meccanico-ambientali da apertura di campagna elettorale torinese, di puntare sulla fabbrica delle batterie nel nostro territorio. Nel contempo si lancia l’allarme occupazione, giustamente, sottolineando che la scelta elettrica, giusta, non favorisce l’occupazione.

La sanità piemontese ha punte di eccellenza ma la ricerca medica non ha ancora trovato una sua ricetta per curare la memoria corta dilagante.

Intanto bisognerebbe distinguere: il totalmente elettrico riduce e di molto la componentistica nell’auto eliminando il motore e il cambio per citare i due elementi principali. Invece l’ibrido prevede parti aggiuntive al motore endotermico, ampliando  la componentistica. Per avere una buona visione di cosa significa bisognerebbe anziché parlare di auto volgere lo sguardo verso Cnhi.

La fabbrica di batterie si sta già costruendo, a Mirafiori. Anzi sono due perché anche Cnhi insieme a Microvast, nel suo sito di Lungo Stura Lazio impianterà il suo battery hub elettrico per i veicoli industriali in cui l’elettrico sarà a supporto del diesel. Ma si sa che bisogna fare di tutto pur di non fare apparire che in questo territorio Fca possa fare qualche investimento e che, con il concorso sindacale dei metalmeccanici della Cisl e Uil, si siano firmati accordi sindacali che hanno agevolato e supportato la salvezza di Mirafiori e gli ulteriori investimenti di 5 miliardi per il nuovo piano 2018-2022 e da ottobre 2019 i 50 milioni per l’hub delle batterie con una capacità occupazionale a partire da circa 100/150 addetti. Un hub che parte dalla ricerca, sviluppo e progettazione sino alla produzione e alla formazione dei lavoratori con impianti d’avanguardia.

Sarà poi interessante, per il sindacato firmatario del Ccsl, verificare i livelli di professionalità necessari nella produzione di batterie. Ma questo sarà un capitolo nuovo e anche una sfida nuova.

Occorre, quando soprattutto gli imprenditori chiedono, (a chi? Se non alla loro iniziativa di libera impresa!) di installare una fabbrica di batterie nel torinese, ricordarsi che in questi anni non c’è stata molta capacità imprenditoriale di rinnovare  e traslare l’indotto Maserati dal modenese al torinese. Almeno sui modelli prodotti a Torino. Quindi, siamo ancora di fronte a una iniziativa di Fca, che secondo molti (dai bar ai salotti borghesi, dai radical chic ai sindacal-chic) sarebbe andata via da Torino. Fca che alla fine sembrerebbe essere l’unica a muoversi sui fondi stanziati dall’Unione Europea sulle batterie e l’elettrico in generale. A proposito, il presidente Cirio non aveva fatto della sua conoscenza dei meandri, cavilli e corridoi di Bruxelles uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale?

Il vecchio non ancora esaurito “sistema Torino” è ancora impegnato a riempire caselle più che a guardare al futuro. Serve un “sistema o filiera indotto auto” che faccia rete e non competizione tra di loro ma elevi competenze e conoscenza. Serve una decisa azione dell’Istituzione Piemonte sull’Unione Europea perché, se viene paragonata l’idea di una fabbrica europea delle batterie come “l’Airbus dell’elettrico” ebbene vorrei ricordare che l’Italia è fuori da Airbus.

A Fca va chiesto che confermi la fabbrica a ciclo completo delle batterie sia l’hub, almeno, Emea di Fca e fornisca tutti i modelli elettrificati Fca prodotti in Europa, si potrebbe aggiungere: anche i modelli Psa! E forse bisognerebbe anche dedicare più attenzione a ciò che sta facendo Cnhi, soprattutto nello sviluppo della propulsione a idrogeno con Nikola.

Quanto varrà in termini di occupazione la fabbrica di batterie di Mirafiori? Dipende sempre dal mercato. Intanto bisogna verificare quanto venderanno i modelli elettrificati e in questo, in particolare, va sempre ricordato che Fca già produceva una 500EV in Messico, la cui produzione è cessata e che negli Usa, soprattutto Oregon e California aveva fatto parziali, in calo ultimamente, ma discreti risultati stante il mercato dell’elettrico complessivo negli Usa. Al contrario di quel modello, mai arrivato in Europa, la 500E prodotta a Mirafiori dovrà anche conquistarsi il mercato statunitense dopo quello europeo per fare volumi produttivi.

Una certa politica fatta di slogan, belle affermazioni stilose, di affermazioni perentorie e gratuite, ha stabilito un modus operandi: occuparsi di ciò che fanno gli altri, chiedere garanzie su ciò che già sappiamo (vedi incontro della scorsa settimana della Regione con Fca) ma non fare ciò che deve fare la politica. Un esempio per restare nell’elettrico? La chiusura della Blue Car di Bairo. Ma d’altra parte la sindaco Appendino ci aveva rassicurati quando lanciammo l’allarme spiegando che sulla ricambistica per il Blue Sharing del Comune di Torino non c’erano problemi o giù di lì!

Appunto!

Perché se l’idea, dell’attuale amministrazione, di mobilità è il monopattino nel centro di Torino anziché svolgere il ruolo di sindaco dell’area metropolitana con un’idea di mobilità integrata periferia-centro basata sull’auto elettrica, siamo, come si dice: “al pian dij babi”. 

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