ECONOMIA DOMESTICA

"Bene Cirio, riapriamo il Piemonte"

Non si può fermare un Paese e bloccare la regione. Giusto tutelare la salute ma prolungare misure eccessivamente restrittive e non giustificate ha pesanti ricadute sull'economia. La vicepresidente di Confindustria Mattioli chiede un piano di interventi straordinari

“Non si può fermare una regione, un Paese. Ci vuole cautela, evitare assolutamente la sottovalutazione dei rischi, però non si può neanche bloccare tutto, perché poi le conseguenze sull’economia sarebbero molto pesanti. Sono assolutamente d’accordo con il governatore nel chiedere al governo un graduale ritorno alla normalità”.

È un appoggio deciso e pesante quello che Alberto Cirio riceve dalla vicepresidente nazionale di Confindustria Licia Mattioli. Ieri il presidente della Regione, anche alla luce del fatto che i casi di contagio in Piemonte si sono, attualmente ridotti da tre a uno, ha annunciato l’intenzione di concordare con il governo un allentamento delle misure in essere che hanno già provocato pesantissime ripercussioni su un tessuto economico, peraltro già provato dalla crisi. Contemperare le indiscutibili misure a della salute, con la necessità di non pregiudicare l’economia, soprattutto senza cedere ed eccedere in allarmismi.

È questa, in sintesi, la strada che indica Mattioli, un passato da presidente dell’Unione Industriale di Torino, un presente da responsabile per l’internazionalizzazione di Viale Astronomia e un futuro che potrebbe riservarle la successione a Vincenzo Boccia al vertice di Confindustria. Pur anch’essa in qualche modo condizionata dall’emergenza coronavirus e la totale concentrazione mediatica su di essa, la corsa verso il rinnovo della presidenza dell’associazione datoriale va avanti.

E la distanza che separa, in termini di voti in consiglio generale, l’imprenditrice torinese rispetto all’avversario, Carlo Bonomi, sarebbe a detta di molti insider assai minore di quella che appare e che verrebbe accreditata dai sostenitori del presidente di Assolombarda. Un non improbabile accordo tra Mattioli e Giuseppe Pasini, il cui pacchetto di voti sarebbe non molto superiore alla metà di quello della signora dei gioielli, potrebbe rovesciare prima della fine di marzo molti pronostici.

Vicepresidente Mattioli, per una volta non parliamo di elezioni, ma di quel che sta succedendo nel Paese al tempo del coronavirus. Senza sminuire per nulla la gravità sotto l’aspetto della salute pubblica, cosa sta rischiando l’economia?   
“Se non si blocca l’epidemia, ma anche le notizie esageratamente allarmistiche potremmo arrivare ad avere uno 0,2 punti di perdita sul Pil, che poi è pari alla nostra crescita. Quindi di può ben capire cosa vorrebbe dire tutto ciò”.

Ritiene si sia ecceduto nelle misure per affrontare il diffondersi della malattia, si sia generato troppo allarme?
“Non posso certo esprimermi dal punto di vista medico su cosa sia necessario o meno, e non lo faccio di certo. Quello che posso dire è che secondo me c’è un allarmismo che non è giustificato e che impatta sulla nostra proiezione sull’estero in maniera molto, molto significativa. Ricordo che lo stesso professor Walter Ricciardi dell’Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito più volte la necessità di non cedere ad allarmismi. Certo bisogna fare attenzione, ma senza fermare un Paese. Ci sono, giustamente le zone rosse, ma il resto dell’Italia continui a lavorare in maniera normale”.

Lei da anni si occupa di mercati esteri, adesso molti Stati pongono pesanti restrizioni verso il nostro Paese. Sarà difficile recupera, una volta passata la fase emergenziale? Quanto soffrirà l’economia italiana e soprattutto cosa occorre fare, fin da ora?
“Dobbiamo far tornare nella testa dei nostri amici stranieri che l’Italia sta continuando a funzionare. Ci sono un sacco di aziende che mi danno segnali di difficoltà per questo tipo di approccio e di immagine. Si stanno creando situazioni difficilissime: la logistica è completamente il tilt. Camionisti stranieri che non vogliono venire in Italia per paura di essere bloccati, traffici bloccati, un comparto che rischia di mandare al collasso il sistema”.

Cosa chiedono gli industriali al Governo?
“In questo momento servono provvedimenti coordinati, cosa che finalmente hanno incominciato a fare. Non si può avere una situazione in cui ogni regione va per conto suo, altrimenti si continua a viaggiare nell’incertezza più totale. Ripeto, bisogna stare molto attenti. Bloccare delle attività senza una vera motivazione è assurdo, ho visto provvedimenti stani come i bar chiusi dalle 18, regioni che hanno chiuso le scuole quando non c’era nessun caso di contagio”.

Entrando più nel concreto, oltre a coordinare le azioni, cosa deve fare l’esecutivo di Giuseppe Conte?
“Attuare subito una politica di solidarietà industriale, occuparsi del problema esplosivo della logistica, del rapporto con i Paesi europei in primis e in generale con tutti gli altri, per rassicurarli. Non possiamo pensare che la gente non venga perché teme di essere bloccata e messa in quarantena. Poi servono ammortizzatori sociali per chi è nelle zone rosse. Ma bisogna anche pensare ad aiuti per quelle fiere che sono saltate. Ci sono dei fondi che si usano per la promozione e l’incoming, vengano usati per aiutare queste manifestazioni a riprogrammarsi”.

Ancora uno sguardo sull’estero, di cui lei si occupa e dal quale dipende gran parte dell’economia nazionale. Si deve salvaguardare e recuperare l’immagine dell’Italia, anche dopo qualche dichiarazione non proprio felice di chi guida il Paese?
“Il problema è recuperare la sicurezza nei confronti del nostro Paese. Mi raccontavano amici del settore del food che all’estero si sta diffondendo addirittura la convinzione che i prodotti italiani siano contaminati. Terribile. Ecco perché deve arrivare chiaro il messaggio che la situazione è sotto controllo e l’Italia è un Paese sicuro. Che non si può, non si deve fermare”.

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