Se la corda si spezza

La rabbia è vera e non si tratta di una notizia fake, come molte tra quelle che circolano in queste settimane di Covid-19. L’uomo viene ripreso mentre guida la propria auto, e con il volto segnato dalla tensione narra l’ingiustizia di cui è stato vittima da poco. “Ho dovuto portare mia figlia a una visita di controllo presso l’ospedale. È venuta anche mia moglie perché la sua presenza tranquillizza la piccola. Così abbiamo fatto tutti insieme il viaggio verso la struttura sanitaria. Mia moglie non guida, ma la polizia non ha voluto sentire ragioni, mi hanno multato”. Il racconto è preciso, indignato ma sincero.

Il padre di famiglia annuncia di aver ricevuto una sanzione di oltre 500 euro, lamentando in chiusura di essere cassaintegrato e non arrivare quindi neppure a 600 euro mensili di stipendio. In sintesi la multa è quasi pari al salario maturato in quest’epoca di emergenza epidemica.

Volendo essere oggettivi è bene aggiungere che il verbale è stato in seguito annullato dal Prefetto competente. Gesto di clemenza provocato forse dal riconoscimento postumo dell’ingiustizia subita da quei coniugi, oppure maturato in seguito alla presa d’atto di un acuirsi della tensione sociale. Lentamente la paura del contagio cede il passo alla voglia di essere nuovamente titolari dei diritti costituzionali fondamentali.

La rete diffonde materiale di ogni genere, dalle denunce profetiche di pseudo giornalisti a cronache di eventi reali farciti con abbondante retorica. Tra queste ultime iniziano a mettersi in evidenza le narrazioni delle rivolte (da qualcuno definite romanticamente “popolari”) contro le restrizioni per contenere il virus imposte dalle istituzioni. Pinerolo ha dato il suo contributo alla ribellione, come dimostrano le immagini di una donna che inveisce per lunghi minuti contro le forze dell’ordine. Il mercato della città pedemontana viene scosso dalle grida, a causa di un verbale che contesta a due amiche la condivisione di una panchina pubblica con lo scopo di fare “due parole e un saluto”.

Cospirazioni sventate o spesso solo immaginate, accuse di incompetenza, rivelazioni e critiche sulla futura “Fase 2” sono parte del mare infinito di informazioni (e pseudo informazioni) dirette quotidianamente all’attenzione dei cittadini. Notizie menzognere a volte nascondono interessanti verità, seppur poste in mezzo alle tante parole dettate dall’incontenibile desiderio di apparirea qualsiasi costo (da parte di chi le divulga tramite video) o dall’incessante strumentalizzazione politica.

Il disagio inizia quindi a emergere con forza non solo tra gli imprenditori e i piccoli commercianti, molti dei quali sono al limite del sostentamento, ma anche tra coloro che hanno tirato a campare prestando la propria opera per piccoli lavori pagati in nero: soggetti (a prescindere dalla loro nazionalità o dall’etnia di appartenenza) nei confronti dei quali non è previsto alcun sostegno economico. Sono molte le persone che mettono cibo a disposizione di chiunque abbia bisogno, riempendo le scatole collocate a macchia di leopardo sul territorio cittadino (“Chi può metta chi non può prenda”): un atto di solidarietà utile a colmare i limiti di un sistema welfare troppo debole.

Ai problemi economici si sommano le dure limitazioni di spostamento. La cosiddette misure di contenimento del virus (alla settima settimana dal loro emanazione) sono oramai vissute come vere e proprie tenaglie poste alla gola dei bambini, degli anziani e di tutti coloro che sono obbligati a lavorare da casa. Imposizioni in parte comprensibili, ma rese particolarmente opprimenti da divieti forse eccessivi: sedersi sulle panchine, impossibilità di accedere ai giardini rionali e di passeggiare oltre la distanza di 200 metri dalla propria residenza.

Le sanzioni non sempre sono contestate con il doveroso buon senso: pratica più che mai consigliabile nell’emergenza attuale. La cronaca riporta infatti situazioni spesso contrastanti. Multe fatte a persone incuranti del bene collettivo si alternano ad alcune vicende paradossali, come ad esempio il controllo diretto a casalinghe che fanno la spesa usando la bicicletta oppure a nonni e nipoti colti a 400 metri da casa (quindi in flagranza di reato).

L’impossibilità di poter sceglierequali siano i punti vendita dove approvvigionarsi è insostenibile per quelle famiglie obbligate a valutare attentamente economie e risparmi, così come per chi segue particolari regimi alimentari (comprese le necessità dei vegani, dei celiaci e di chi si vuole nutrire esclusivamente di prodotti biologici).

È legittimo, in questa situazione, riflettere sulla possibilità che tanti divieti celino l’incompetenza di quei dirigenti incaricati a proteggere la Salute pubblica, nonché l’imbarazzo di una classe politica regionale allo sbaraglio.

La sensazione è che alcuni nodi siano infine venuti al pettine. Decenni di distruzione della Sanità, attuata anche tramite nomine politiche ai vertici delle aziende (tradotte in funzionari arroganti quanto incompetenti), hanno dimostrato tutto il loro potere distruttivo sull’inerte popolazione.

I contagi in Piemonte hanno dato qualche segno di flessione solo negli ultimi giorni, dopo settimane di crescita costante e circa 300 infettatiin più ogni giorno nella sola provincia torinese. Non è possibile ad oggi sapere cosa accadrà il 4 maggio, ma farsi illusioni di ritrovata libertà potrebbe essere dannoso per la salute psichica di tutti noi.

L’articolo 32 della Carta fondamentale tutela la Salute, e segue alle norme che elencano i “Principi fondamentali”, ossia i diritti assoluti garantiti a ogni cittadino. Ripristinare il rispetto della Costituzione nei mesi del Coronavirus significa proteggere la collettività garantendo al contempo il rispetto dei diritti fondamentali: doverosa sintesi non più rinviabile a lungo nell’agenda del Governo.

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