1° maggio, Capo Horn del sindacato

“La classe operaia va in Paradiso”, intramontabile film ma titolo quanto mai inopportuno in tempi di Covid. Non è di buon auspicio. Però è un filo che insieme a un altro film ”Acthung banditi” di Carlo Lizzani,  lega il 25 aprile 1945, Festa della Liberazione dal nazifascismo, alla festa del lavoro del 1° maggio.

Evitando la retorica, anche di sinistra, e ascoltando, purtroppo, il breve video sui social della vicesindaca di Rivoli c’è un evidente bisogno di storia e di educazione civica nel nostro Paese. In tempi di “restiamo a casa”, alcuni potrebbero approfittare per un ripasso, nevvero!

Nella lotta di liberazione i lavoratori, organizzati nel sindacato e nei partiti, ebbero una parte fondamentale nel difendere il patrimonio industriale (cioè difesero il capitale dei padroni) evitando in tante aziende che i macchinari venissero trasferiti in Germania. Il 25 aprile è l’azione e il ricordare un fatto unico e si spera irripetibile; il 1° maggio rappresenta la riflessione che deve rinnovarsi e adeguarsi ogni anno.

Qualche anno fa proposi di modificare la formula del 1° maggio torinese che ha assunto ormai una sua routine: 1) a inizio manifestazione tentativo di assalto da parte dei centri sociali e affini, alla testa del corteo con contestazione del sindaco e autorità; 2) corteo con contestazioni al Pd, di solito, da parte dei centri sociali e affini; 3) tentativo di ingresso in piazza dei centri sociali e affini con scontri e cariche della polizia. Risultato: questo è ciò che narrano tutti gli anni le cronache del 1° maggio torinese.

Mi auguro che l’anno di “fermo di Piazza reale”, con importanti iniziative social messe in campo dal sindacato confederale territoriale per questo primo maggio di “Piazza Social”,  porti Cgil-Cisl-Uil torinese a una riflessione per il 2021, magari non facendo permanere il corteo come elemento così centrale e essenziale da cui trae vantaggio solo la ricerca di visibilità delle frange minoritarie a scapito dei lavoratori, delle famiglie, dei bambini, dei giovani, vanificando il messaggio universale del 1° maggio. Forse bisognerebbe fare diventare prioritario lo stare in piazza piuttosto che marciare in corteo. Se nella natura sindacale, con emblema il 1° maggio, vi è l’esigenza della piazza e della massa; lo stare vicini, insieme, toccarsi, abbracciarsi, sentirsi partecipi fisicamente di un evento allora bisognerebbe valorizzare di più Piazza San Carlo. Non come luogo dove finisce la manifestazione ma dove inizia la Festa, non sul palco, ma nella Piazza facendo diventare protagonisti tutti.

Nel frattempo a chi pensa che con il Covid e il distanziamento sociale cessi la nostra funzione, vorrei rassicurare tutti i falchetti, confindustriali e non,  che non sarà così! Questo 1° maggio è un  “Capo Horn” nel campo sindacale perché le nuove tecniche comunicative diventano strumento di uso comune e irrinunciabile, non più optional. Abbiamo visto che anche gli scioperi possono essere dichiarati via social.

Servirebbe anche riflettere in questa occasione sul “vantaggio” del Covid potrebbe essere quello di portarci un taglio netto di alcuni riti sindacali stanchi e inutili; autocelebrativi e autoesistenziali limitando i livelli sindacali e riportando a effettiva valorizzazione chi è più vicino ai territori. In tempo di Covid è apparso evidente in molti casi i limiti delle Regioni mentre da quando si sono soppresse le Province abbiamo accentuato forti deficit in alcuni ambiti a partire da quello scolastico. Ecco perché occorre rilanciare con forza l’Area metropolitana Torinese succedanea della Provincia. Ma soprattutto in questo Primo Maggio celebriamo e festeggiamo tutti quelle persone, lavoratrici e lavoratori della sanità, delle imprese di pulizia, delle mense, dei servizi essenziali, delle forze dell’ordine, i volontari, gli addetti delle Rsa (lasciati soli). Ringraziamo tutti coloro che hanno avuto un ruolo, anche se piccolo, nella lotta al Covid.

Il Primo Maggio è la loro Festa, se esistesse un Premio Nobel al Lavoro spetterebbe senza dubbio a tutte queste persone, che non sono eroi, ma che hanno agito per senso di responsabilità, professionalità, senso del dovere, altruismo civile anche a costo della vita in tanti casi.  Il Primo Maggio è il giorno giusto per dirgli: “Grazie, senza di voi non ce l’avremmo fatta”.

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