Ce la faremo

L’epidemia allenta la sua presa e la diffusione del contagio sembra regredire. Le misure decise dalla politica e sostenute dalla comunità scientifica sembrano aver funzionato. Non era scontato. Si sono compiuti errori, ci sono stati ritardi, sottovalutazioni, incertezze. Ma le scelte di fondo erano giuste.

Il costo pagato in termini di vite umane, di sofferenza delle famiglie delle vittime e di sacrifici degli operatori sanitari è enorme, inestimabile, drammatico. Certe immagini di questa tempesta non le scorderemo mai: dalla colonna dei camion militari per trasferire i morti di Bergamo, all’infermiera che si addormenta esausta a fine turno davanti al computer, agli occhi pieni di lacrime e alla disperazione dei parenti dei malati che non ce l’hanno fatta.

Non dimenticheremo la fragilità della nostra medicina di base, la solitudine dei medici di famiglia e degli operatori delle Rsa travolti dall’esplosione dei contagi e privi dei più elementari dispositivi di sicurezza.

Non dimenticheremo, l’impegno e l’abnegazione dei medici, degli infermieri, degli operatori socio-sanitari, dei volontari, degli addetti alle pulizie e di tutto il personale della prima linea ospedaliera, che hanno cercato con tutta la propria forza di salvare vite umane e di contrastare un virus sconosciuto e terribile.

Non dimenticheremo l’impegno degli assistenti sociali, del volontariato municipale, dei sacerdoti, delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, dei lavoratori e delle lavoratrici della “catena alimentare”, degli amministratori locali che hanno presidiato il territorio e assicurato la cura e il sostegno delle popolazioni e delle famiglie più in difficoltà.

Non dimenticheremo il dramma delle persone anziane ricoverate nelle Residenze sanitarie per non autosufficienti, infettate e decedute in solitudine senza poter ricevere neppure l’estremo saluto dai propri familiari. Verrà il momento per capire cosa sia successo e perché, per accertare gli errori commessi e le responsabilità.

Si poteva fare di più e meglio? Forse sì, ma una tempesta come questa non si era mai vista e le autorità di governo hanno fatto quello che potevano, con impegno e determinazione. Adesso è il momento di stringere ancora i denti e resistere. Di coltivare buon senso e coesione nazionale. Di evitare polemiche strumentali e colpi di testa. Salvini e Meloni fanno il loro mestiere mostrando il volto becero di una destra anti-europea e anti-italiana. Polemiche e propaganda, sulla pelle di una tragedia senza precedenti, fuori e dentro il Parlamento.

Per la politica che fa sul serio è, invece, il momento di avviare la ripartenza e di progettare il futuro. 

Non ci dimenticheremo neppure delle conseguenze sociali ed economiche di questa epidemia, che ci stanno già cambiando l’esistenza, ci mettono davanti ad un peggioramento senza precedenti del nostro tenore di vita e ci fanno intravvedere lo spettro della disoccupazione diffusa, l’impoverimento di una parte vasta della popolazione, il ridimensionamento del nostro sistema produttivo.

Una catastrofe?

Forse non proprio, ma bisognerà metterci molto impegno per evitarla e compiere le scelte giuste, quelle che potrebbero farci cogliere anche le belle opportunità di questa crisi, per cambiare in meglio le nostre abitudini, l’organizzazione del lavoro, la mobilità sostenibile, il rapporto con l’ambiente e le relazioni sociali.

Servono soldi, certo, servono tanti soldi per le imprese, per il lavoro, per le famiglie. E per questo serve l’Europa, la sua forza, la sua solidarietà, la capacità d’intervento di tutte le sue istituzioni, compresa la Banca Centrale Europea.

Ma non per incrementare il nostro debito.

Serve l’Europa per sostenere la fiducia, il coraggio e le capacità creative del nostro Paese e degli italiani. E serve il rilancio dell’azione di questo Governo, con una visione e un progetto più chiari e più coraggiosi, per l’Italia di domani, per dare sicurezza alle imprese, fiducia ai lavoratori, speranza ai giovani che hanno voglia di “correre” verso il futuro.

Un Governo in grado di mobilitare e guidare le migliori energie, le competenze e la creatività dell’Italia più capace, dei tanti talenti che operano nell’economia, nella scuola, nella medicina, nella ricerca, nella cultura, nel terzo settore.

È il momento in cui la politica deve mostrare il suo volto migliore, quello della competenza, della generosità, del coraggio e della responsabilità, per esprimere la forza e la credibilità dello spirito patriottico al di là di ogni retorica e della vanità di ogni singolo leader, capo o capetto di partito.

Questo 1° Maggio è andata così, per la prima volta ha visto la piazza deserta e i microfoni spenti. Abbiamo cantato col cuore le nostre canzoni e ci siamo scambiati una promessa di impegno e di solidarietà. Ce la faremo.

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