FASE 2

Covid infortunio sul lavoro, "la norma va cambiata"

Dopo l'allarme lanciato dalle imprese il senatore Laus (Pd) minaccia di non votare il decreto Rilancio finché non sarà scongiurata l'eventualità che i datori di lavoro possano subire procedimenti penali. Come si fa a stabilire il luogo del contagio?

“Facciamo un decreto da 55 miliardi, lo chiamiamo Rilancio, e poi teniamo una spada di Damocle sulla testa di quegli imprenditori che dovrebbero essere i protagonisti della ripartenza”. È un fiume in piena il senatore torinese Mauro Laus, che oggi minaccia di non votare il provvedimento simbolo della Fase 2 se non sarà modificata la norma, contenuta nel decreto Cura Italia, che equipara il contagio da Covid-19 in azienda a infortunio sul lavoro. Un tentativo bislacco di tutelare i lavoratori, ma che presenta più d’una falla e insinua più d’una remora nella testa degli imprenditori che rischierebbero addirittura risvolti penali se la malattia dovesse avere esiti gravi. Bisogna usare il condizionale perché la norma è tutt’altro che chiara, a partire dal fatto che l’Inail dovrebbe stabilire dove sia avvenuto un eventuale contagio. Facile a dirsi, giacché il virus potenzialmente è ovunque, come si potrebbe mai dimostrare che la sua trasmissione sia avvenuta in azienda? E come si può per questo perseguire il padrone di quell’azienda?

“Parliamo di una norma figlia del solito retaggio che contrappone il padrone ai lavoratori” dice Laus  che poi si rivolge direttamente al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, alla quale chiede di “sanare questa situazione altrimenti non voterò il decreto Rilancio”. Poi Laus specifica: “Un conto è salvaguardare la salute del lavoratore: se lo Stato vuole riconoscere determinate tutele a chi s’infetta può farlo. Ma anche l’imprenditore va tutelato”. Pure se non rispetta le prescrizioni per ridurre i rischi di contagio? “Ma se abbiamo professionisti che vanno in tilt perché ci sono delle prescrizioni tutt’altro che chiare. Si facciano linee guida chiare e controlli per verificarne l’applicazione – prosegue Laus – evitando di aumentare i rischi e i timori negli imprenditori che ne hanno già passate abbastanza finora e che ancora non vedono la luce in fondo al tunnel”.

Nelle settimane scorse la prima a lanciare un appello a modificare una norma tanto controversa era stata la parlamentare torinese di Forza Italia Claudia Porchietto, la quale aveva chiesto una immediata revisione di quella norma. A metà aprile, infatti, proprio in Piemonte ci fu la prima pratica riconosciuta dall’Inail, ma si trattava di un medico: in quel caso è più facile stabilire la genesi dell’infezione, per quanto sia impossibile averne la certezza. Ora la questione si apre anche all’interno della maggioranza.

Sostegno su facebook al parlamentare torinese arriva da Tommaso Nannicini, suo collega a Palazzo Madama: “Ha ragione Mauro Laus – scrive – Non è pensabile scaricare su datori di lavoro e lavoratori la responsabilità del contagio, se non dipende direttamente da loro scelte”. 

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